Buongiono Manhattan!!!
La prima tappa prevista è la Cattedrale di San Patrizio, e per arrivarci iniziamo ad affrontare il labirinto della metropolitana con le sue fermate che sono numeri su numeri, da capogiro.
E infatti arrivare alla chiesa è stata una mezza impresa, perché siamo usciti alla fermata dentro il Rockefeller Center che è un labirinto di corridoi, uscire non è scontato come si potrebbe pensare.
Qua incontriamo il primo senzatetto del nostro viaggio, non chiedeva l’elemosina ma camminava in tondo senza sosta.
Mi ha fatto male al cuore passare davanti a tanta miseria che convive con gli uomini in giacca e cravatta, a solo qualche fermata di metro di distanza.
Usciti dall’edificio anni venti guardiamo verso la pista da pattinaggio. Ma di sfuggita perché veniamo letteralmente inondati da vento e acqua, il clima non ci da di certo il benvenuto.
In un angolino ci mettiamo i copri pantaloni, anche detti sacchi della spazzatura per me, e in qualche modo, con Matteo che mi tiene l’ombrello, inizio a fare le foto alla pista e all’edificio principale con sotto il suo meraviglioso albero luminoso.
Il Rockefeller Center
Quell’albero è maestoso, colorato di mille lucine, verde e frondoso, proprio un bel simbolo di gioia durante le feste natalizie.
Sotto all’albero, nella pista, alcuni temerari sfidano freddo, pioggia e vento, pattinando in solitaria.
Alle spalle della pista, il Rockefeller Center svetta, imponente e maestoso.
History Tips: In realtà quello che io chiamo Rockefeller Center è solo uno dei 19 edifici che compongono il complesso.
Alla fine degli anni venti, il magnate del petrolio John D. Rockefeller Jr., vide nel terreno di proprietà della Columbia University l’opportunità giusta per costruire un enorme complesso commerciale.
I lavori iniziarono nel 1930 e finirono 9 anni dopo.
Pensate che solo un anno prima dell’inizio dei lavori, nel 1929, c’era stato il crollo della borsa di Wall Street!
Immaginate cosa doveva essere all’epoca, veder costruire questi meravigliosi edifici.
Venne visto come un baluardo di innovazione e progresso, come l’inizio di una nuova era di benessere.
L’idea alla base del complesso era quella di creare una “città nella città”, combinando gli uffici con centri di intrattenimento e culturali (come la Radio City Music Hall).
Lo stile è quello dell’Art Déco (che in europa finì nel 1930 mentre in America durò per altri dieci anni).
La sua caratteristica principale è quella dell’ultilizzo di nuovi materiali come: alluminio, acciaio inossidabile, lacca, legno e addirittura pelle di squalo!
Non potete sbagliare quando ammirate i grattaceli newyorkesi; se vedete palazzi luccicanti di metallo, decorati con motivi geometrici come zig-zag e raggi, siete davanti ad un esempio di Art Déco.
Metropolitan Cathedral of St.Patrick
Andiamo quindi verso la chiesa, ma non senza salutare gli angeli annuncianti, con le loro chiarine dorate.
All’ingresso della chiesa ci sono due signori con delle asticelle che ci controllano le borse, come scopriremo poi è una pratica di sicurezza abituale nei luoghi di grande affollamento.
Mentre fuori ci sono pochi gradi dentro troviamo dei grandi fuochi che tengono bello caldo.
La messa sta per finire, ascoltiamo il padre nostro in inglese mentre passeggiamo nelle navate laterali.
Diciamo che come cattedrale non ci ha colpito particolarmente però fa la sua bella figura in mezzo ai grandi grattacieli di Manhattan.
E’ stata costruita tra il 1853 e il 1878 in stile neogotico nel luogo dove si trovava un orfanotrofio.
All’uscita chiedo ad un poliziotto dove posso fumare (su internet avevo letto che era vietato anche per strada) ma dal suo sguardo stranito capisco che non c’è nessun problema.
E’ vero che non si può fumare nei parchi e nelle piazze pedonali, però per strada nessuno ti viene a dire nulla.
Continua a piovere, ma non ci lasciamo abbattere e come noi non lo fanno nemmeno i baracchini che vendono hamburger, hotdog, bibite e dolci per strada.
Abbiamo visto alcuni operai e passanti fermarsi, quindi ci siamo incodati pure noi, sganciando 3,5$ per un hot-dog che non ci ha saziati molto.
Però una cosa va precisata, la carne è infinitamente più buona della nostra. Non ne siamo certi ma pensiamo che quelli che abbiamo mangiato fossero di carne di manzo, altro che maiale e pollo!
Times Square
Ci dirigiamo quindi verso Times Square, alla fine eravamo in anticipo sulla tabella di marcia e ci siamo concessi una passeggiata, al che commento:
Guardala bene perché ci sta che poi non ci ripassiamo più.
Giulia
quanto mi sono sbagliata, involontariamente eravamo sempre lì!
La piazza sinceramente non ci dice granchè, semideserta perché è mattino presto e con la pioggia; è molto più piccola di quanto pensassi. Ha comunque un suo perchè, è qualcosa a cui non siamo abituati, con tutti i megaschermi che mettono in bella mostra un sacco di pubblicità.
La cosa che mi sorpende di più è il vago silenzio che c’è nell’aria; chiariamo, parlare di silenzio a New York è una bestemmia però posso dire che c’era più silenzio che non in altre strade o piazze.
Camminiamo in mezzo a tombini fumanti, avvolgendo i palazzi di un’aura nebbiosa e vaga, un’altro scenario che popolava il mio immaginario.
Entriamo nel Disney Store.
Essendoci l’uscita di Frozen 2 il negozio è addobbato a tema, la cosa che mi impressiona di più ( a parte i tremila pupazzi e le bellissime palle decorative per l’albero di natale) è la scala mobile a tema Rapunzel con la musichetta e tutte le lampade galleggianti, davvero magico.
Passiamo all’Hard Rock, che è poco lontano: è molto bello, grande e con una parete coperta interamente di parti di chitarre, palco per i concerti grande e tantissimi posti a sedere; finito il giro fatico per uscire, non è una porta quella ma una muraglia!
Un pizzico d’arte
E via verso il MoMa, verso il primo grande museo d’arte che visiteremo.
Piove ancora ma la cosa non mi intristisce per nulla; sono così elettrizzata nel girare tra quegli immensi grattaceli; rubare con gli occhi la vita di persone che forse mai vedrò più, scorgere un lato del loro vivere che ignoro. So che probabilmente avrò visto più turisti che non veri new yorkesi ma neanche questo mi importa, sono in America!
Questo è il museo dove usiamo per la prima volta il nostro Explorer Pass.
Ho scelto di comprare quello che permette accesso a 7 attrazioni, scelta fatta in base al budget e al tempo a disposizione.
Qui trovate il sito ufficale da cui acquistare il vostro pass.
Questa non è l’unica opzione, ci sono 4 pass offerti da diverse compagnie, ognuno con i suoi punti di forza.
Tutto dipende dallo stile con cui volete vivere la vostra esperienza nella Grande Mela.
Il nostro Explorer pass ci permetteva di scegliere tra 57 attrazioni e si attivava non appena visitata la prima, per durare 30 giorni.
Le altre opzioni più famose sono:
Il MoMa è ampio e ben gestito, ci sono i giusti spazi e si può respirare tra un’opera e l’altra, rilassante e pulito.
Una delle prime stanze è una sezione di opere di un africano che denuncia le torture e i soprusi fatti dai grandi dittatori.
Segue una sala dedicata alle nuove tecnologie dove troviamo un’idea innovativa riguardo a uno sminatore.
Saliamo; non posso perdermi la Notte stellata di Van Gogh, La persistenza della memoria di Dalì, le Action paintings di Pollock, le zuppe di Warhol e Mirò, Frida…tantissimi capolavori.
Troviamo anche bizzarre forme composte di centinaia di campanellini, collant femminili riempiti di sabbia, pacchetti di sigarette schiacciati e infilati come a formare una collana, casette su sedie fatte di candele ed enormi cubi di metallo.
Vediamo una sezione personale dedicata a Betye Saar, una donna interessante, mi sono piaciute molto le sue opere delicate, inducono al sogno e alla riflessione.
Ci divertiamo molto e come al nostro solito perdiamo cognizione del tempo.
Troviamo anche alcuni quadri di Hopper che piacciono molto a Matteo e ne sono contenta; pure qualche Picasso (mi ero dimenticata che le Mademoiselle de Avignon erano qui!) e un Munch, veramente una bella scoperta.
Il sole sta calando, ma la notte non ci fermerà
All’uscita proseguiamo verso la National Library ripassando davanti al Rockefeller Center e ci fermiamo a guardare uno strepitoso spettacolo di luci sulla facciata di un palazzo.
La biblioteca è bellissima, sul retro c’è un parco nel quale si svolgono dei mercatini di natale dall’aria un po’ troppo costosa per le nostre tasche.
All’interno la biblioteca è addobbata a festa, c’è un enorme albero ricco di luci (altro che gli addobbi italiani) inoltre ci sono alberi simili in tutti gli edifici delle banche (che sono tante!).
Passiamo nella stanza dove puoi ritirare i libri, sala che viene ripresa nel film di John Wick 3; di fronte c’è la sala lettura con il soffitto affrescato.
Avevo letto che c’era un enorme collezione di carte geografiche ma in realtà sono più tipo enciclopedie che non carte vere e proprie.
Sono andata subito alla ricerca della sezione per bambini, dove si trova Winnie Pooh!!!
E’ un vecchissimo orsacchiotto di pezza anche leggermente inquietante, però mi è piaciuto molto averlo trovato, è emozionante vedere da dove nascono alcune famose storie.
Nell’edificio ci sono anche delle vecchie cabine del telefono, sembrano ancora funzionanti.
Usciti dalla biblioteca ci dirigiamo verso la Central Station,la sua enorme volta azzurra è uno stupore per gli occhi, tutta decorata con costellazioni e segni zodiacali.
E’ un edificio a cui non daresti due lire se lo guardi da fuori, un po’ come un’ostrica, dentro trovi la perla!
Dopo un po’ di fatica troviamo anche la Stanza dei sussurri.
Grazie alla sua particolare architettura, se ci si mette agli angoli opposti e si parla contro il muro si sente benissimo la voce dell’altra persona!
Prima di completare la lunga giornata all’Empire ci fermiamo all’Oyster Bar per mangiare una delicata zuppetta di granchio; costosa (come tutto) ma molto buona con i crostini all’ostrica.
Mi sono pentita solo di non esserci tornata per mangiare qualche ostrica al naturale.
Infine alle nove arriviamo all’Empire State Building.
Spiegando che Matteo lavora per una ditta con sede lì riusciamo a farci dare i Pass e saliamo nell’ufficio, che troviamo vuoto.
Peccato perché mi sarebbe piaciuto scambiare qualche parola con qualcuno, comunque ci siamo fatti il giro dell’ufficio curiosando sulle scrivanie altrui ed ammirando il panorama.
Al ritorno mi è presa un po’ paura, la mia prima volta sulla metro di notte; è stata una fifa inutile, c’è così pieno di gente che la frase:
“La Grande Mela non dorme mai”, non mente.
Se non sapete da dove siamo partiti e dove finiremo, cliccate qua sotto!
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Fantastica la foto coi poliziotti!
Ahahah grazie!
Penso che in qualche modo ci siano abituati, fanno parte dell’immaginario turistico ormai 🙂