Dopo un anno dal nostro trasferimento nella piccola cittadina di Nenagh; dopo innumerevoli click sul sito del meteo sperando in una buona settimana di sole, ce l’abbiamo fatta!
Non con la settimana di sole ovviamente, siamo in Irlanda gente!
Direzione: Donegal County
Siamo riusciti a rimediare una settimana per poter fare una prima esplorazione della vasta, incontaminata e rurale Contea di Donegal.
Con il bagagliaio pieno di vestiti invernali, di cibo in scatola (perché siamo dei tirchioni ormai dovreste averlo capito) e di dolcetti per gli attacchi di gola durante le ore in macchina…Here We Go!
Il nome Donegal in gaelico è Dùn na nGall che significa “forte degli stranieri”; riferito al fatto che la cittadina di Donegal fosse originariamente un insediamento vichingo.
Viene chiamata dagli irlandesi “The forgotten county” (la contea dimenticata) ed è la contea più a nord dell’Irlanda e non fa parte dell’Irlanda del Nord!
Tutto si è fermato, il tempo e anche le infrastrutture, risentendo dell’emigrazione.
La Scozia è molto legata a questa parte d’Irlanda poiché molte persone sono state costrette soprattutto dalla carestia a cercare lavoro nelle fabbriche di Glasgow.
Nei primi anni venti, quando avvenne la Partition of Ireland (cioè quando nacque lo Stato Libero d’Irlanda) questa contea rimase tagliata fuori dall’Irlanda del Nord.
Gli inglesi furbescamente si tennero la vicina West Tyrone che conteneva Derry, il principale porto della regione; evitando di annettere Donegal che non avrebbe avuto nessuna risorsa interessante.
Ma non solo, così facendo Donegal risultò tagliata fuori anche della futura Repubblica, che sarebbe nata nel 1949, essendo connessa con lei solo da un piccolo lembo di terra.
Bundoran
La nostra prima fermata è a Bundoran, piccola città di surfisti subito dopo il confine tra le contee di Leitrim e Donegal.
La giornata è buona, ventosa e frescolina ma niente che un paio di guanti non possa guarire.
Se poi ci aggiungiamo un ricco brunch a base di pancakes e salsicce al Waves Surf Café siamo inarrestabili.
Finito il rifocillamento andiamo alla ricerca dei Fairy Bridges e della Wishing Chair.
I Fairy Bridges
Questi ponti di roccia scavati dall’oceano sono un’attrazione sin dal 1800 anche se si pensa che già dal 1700 i locali li credessero infestati dalle fairies.
Nel 1834 G.N.Wright ne parlò come di un “singolo arco, di 24 piedi di apertura, con una strada rialzata di metà di quella larghezza perfettamente formata e staccata da tutti gli ingombri non architettonici”.
Sebbene sia percorribile con sicurezza dai semplici mortali, si raccomanda ai visitatori di evitare la sua superficie sconsacrata; truppe di fate vengono sentite in continuazione, e talvolta viste, da coloro che possiedono il dono inestimabile della seconda vista.
Quando Bundoran divenne famosa nel 1830, si pensa che le persone venissero più per i ponti delle fate che per i benefici apportati dalle belle spiagge e dalla vicinanza con l’oceano atlantico!
Anche la “wishing chair” ha una storia o per meglio dire un rituale che bisogna eseguire attentamente se si vuole che compia la sua magia.
La leggenda narra che bisogna avvicinarsi con cautela alla sedia per evitare di interromperne i poteri. Coloro che desiderano esprimere il desiderio devono quindi sedersi tenendo entrambi i braccioli e fermarsi per almeno 15 secondi ad ammirare il meraviglioso panorama.
Nei giorni “buoni” è possibile vedere da Mullaghmore (in Sligo) attraverso tutta la baia di Donegal fino alle Slieve League.
In questi brevi e preziosi momenti di presa di coscienza si consiglia di soffermarsi sui possibili eroi che si sono seduti prima di noi in questo stesso posto. Non bisogna dimenticare di esprimere il desiderio in silenzio e non rivelarlo a nessuno, sennò non si avvera!
Il “desiderante” allora potrà alzarsi, ma prima di andarsene dovrà toccare due volte il sedile della sedia per dimostrare che il suo desiderio è genuino.
Storie e poesie da Bundoran
Di seguito la poesia del 1944 di Edward Daly “Bundoran”:
The Fairy Bridges where the spirits,
In moon-lit splendour sport and play,
Span chasms dark and lowering where
The lashing waters dash and spray.
And then the dear old Wishing Chair,
Where heart sick maids petitions lay,
Where thousands found each wish come true,
And ever bless the “happy day”.
Sapete che gli irlandesi sono degli abili raccontastorie, viene quindi scontato pensare che ci siano delle storie che parlano di questi ponti.
Ed infatti eccone una.
“C’erano una volta tre donne provenienti da Mullaghmore che stavano andando alla fiera di Ballashanny per vendere lino. Trasportavano il lino in grossi rotoli sulla loro schiena ed erano dovute partire molto presto, molto prima dell’alba, per poter arrivare in tempo alla fiera.
Mentre stavano camminando per la strada una di loro disse di avere sete.
Ma tutte le finestre delle case erano spente, non c’era nessuna luce che indicasse la presenza di qualcuno a cui poter chiedere un sorso d’acqua; fino a che non arrivarono a Finner.
La donna andò verso la casa dove c’era la luce e le altre la seguirono.
Quando entrarono nella casa vi trovarono un uomo che chiese loro cosa volessero e da dove venivano.
E quando gli risposero che venivano da Mullaghmore, l’uomo iniziò a chiedere delle persone del paese.
Ciò parve strano alle tre donne, che un uomo che viveva così lontano sapesse tante cose sulle genti del Mullagh.
Insospettita, una delle donne disse a quella assetata che forse non era una buona idea bere in quella casa.
Così se ne andarono iniziando a parlare dell’uomo e da quello che avevano sentito dire, pensarono che quella potesse essere la casa delle “good people” (le fate, il piccolo popolo).
Allora dissero: “Metteremo delle pietre per segnare questo posto, e vedremo che tipo di casa è quando torneremo con la luce del giorno.”
Fecero una bella pila di pietre a bordo strada per ritrovare la casa e quando tornarono a controllare il giorno dopo, ritrovarono le pietre.
Ma della casa nessuna traccia.”
Ops…
Al nostro ritorno alla macchina però abbiamo trovato una brutta sorpresa; una gomma della nostra povera macchinina è tristemente a terra!
Senza esitazione Matteo, da buon aggiustatutto, è intervenuto e con efficienza ha sostituito la ruota.
Io facevo da supporto morale nonché valletta porta attrezzi e paravento.
Alla luce del lucente ruotino appena montato abbiamo dovuto cambiare leggermente i nostri piani; dare un’occhiata alla spiaggia di Tullan e poi cercare un gommista per sistemare il guasto.
Alla spiaggia si arriva facilmente dal parcheggio vicino alla Murfs Surf School.
Una volta lì si apre un’enorme striscia di sabbia bianca che oggi è bagnata da enormi coperte di schiuma di mare!
Non ne ho mai vista così tanta, sembra che qualcuno abbia gettato ettolitri di sapone nel mare per poter fare un bagno in vasca avvolto dalla schiuma.
Inoltre il vento la fa oscillare così tanto che sembra una creatura viva, qualche volta fa staccare alcuni grossi pezzi che si estinguono rotolando sulla spiaggia.
Dopo aver giocato abbastanza con la schiuma e aver fatto qualche foto al panorama siamo andati dal gommista.
Abbiamo scoperto che “avere una gomma bucata” non si dice “have a flat tyre”, ma “have a puncture”.
Purtroppo la nostra gomma non aveva una puncture ma era irrimediabilmente rotta…
Quindi vai con 150€, abbiamo cambiato entrambe le gomme posteriori visto che anche l’altra era un po’ agonizzante.
Abbiamo guardato il conto con sorpresa, la manodopera non ci è costata praticamente niente!
In sala d’attesa ho conosciuto Mary, una piacevole signora in carne, stile matrona irlandese.
Questa semplice e sorridente signora mi ha ascoltata cercare di togliere la ruggine da quel poco di inglese che so per conversare.
Mi ha raccontato di come avremmo visto molti irlandesi in Donegal con capelli castani, occhi scuri e pelle brunita, quindi molto diversi dal classico irlandese.
Il motivo è che ai tempi della regina Elisabetta I una nave spagnola naufragò sulle coste e gli spagnoli sopravvissuti decisero di restare in zona.
Come conseguenza i figli dei figli dei figli di questi spagnoli sono irlandesi un po’ diversi dal classico stereotipo.
Anche nel dialetto gaelico parlato a Donegal ci sono parole che risultano dall’unione del gaelico tradizionale e dello spagnolo, me ne ha detta qualcuna ma se non me le scrivo è impossibile che me ne ricordi anche solo una!
Ho imparato anche che “andare a fare un giro in macchina in un certo posto” si dice “have a spin to…”
Lieto fine al Pub, Slainte!
Riparata la nostra Fiero siamo partiti per raggiungere l’ostello: Donegal Town Indipendent Hostel.
A poca distanza dal centro della città è una bella e grande casa gestita da una coppia cordiale e spiritosa, con una cucina dotata di tutto il necessario di cui abbiamo subito approfittato una volta scoperto che il pub dove volevo andare a cenare serviva solo da bere, no cibo.
Ci siamo quindi riscaldati una zuppa in scatola, economica e salvabuconellostomaco per dei tirchietti come noi!
Siamo andati al Reel Inn abbastanza presto sperando che la musica fosse già iniziata (erano le 19:30) però non iniziavano prima di un’ora.
Lì per lì non ero sicura se restare o meno, eravamo entrambi stanchi dal viaggio e considerando che la mattina dopo ci saremmo dovuti svegliare presto per vedere l’alba alle Slieve League forse era meglio ripiegare sul letto.
Ma secondo voi? Certo che no! Abbiamo guadagnato un comodo sgabellino e ci siamo seduti ad aspettare i musicanti.
Il pub è estremamente caldo e familiare, simile a molti altri che abbiamo già visto ma meno “turist friendly” se vogliamo dirla tutta; cioè le pareti sono decorate con stampe e fotografie dei membri della famiglia che lo manda avanti e di amici e abituè.
Col passare del tempo ha iniziato a riempirsi e posso dire che alle nove non ci si stava già più dentro, ma noi avremmo venduto cara la pelle per proteggere i nostri sgabellini!
Devo aggiungere un fatto che mi ha colpita, mentre Matteo finiva di bere la sua pinta di birra una ragazza seduta con il suo lui ne ha bevute tipo tre! Non è un commento da perbenista, semplicemente mi sono ritrovata a pensare che se avessi bevuto un litro e mezzo in un’oretta sarei stata sdraiata in terra ad aspettare l’ambulanza.
Poco prima delle nove è arrivata una coppia di musicisti, carichi come muli di strumenti: due chitarre, armonica a bocca, microfoni e mandolino. Hanno iniziato il check sound: “One, two, one, two…” e il gruppo enorme di ragazzi vicino a noi che continuava con un “three, four…” erano circa una quindicina di ragazzotti penso delle superiori, chi beveva birra e chi andava avanti di bibite energetiche, uno addirittura si è preso un hot whiskey.
Uno dei musicisti aveva la classica voce da cantante irlandese da pub, so che è una descrizione poco illuminante ma basta che ascoltiate due canzoni registrate in un pub e avrete capito di cosa sto parlando.
Hanno aperto con una serie di classici da pub: canzoni su amori lontani, sulla nostalgia dell’isola di smeraldo oppure sulla fierezza di essere ciò che si è andando contro a quello che la società vorrebbe che tu fossi.
Verso le dieci e mezzo abbiamo deciso che era ora di levare i tacchi, il sole non avrebbe aspettato noi il giorno dopo.
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Ho una domanda. Mi ha impressionato molto quando parli della schiuma di mare. Vedendo la foto, volevo chiedere ma ci si bagna se ci si va dentro a “giocare”? È come fare un bagno in mare? Grazie
Grazie!!!!
Non ci si “inzuppa” ma ti rimangono tutte le mani appiccicose di salmastro xD
Alla fine è come se fosse acqua di mare concentrata.