Stamani ci siamo rifatti della pochezza di cibo di ieri con una bella colazione di pancakes; ce l’hanno preparata due ragazzotti; questi non sono solo i cuochi ma devono accertarsi che ognuno prenda solo quattro pancakes (effettivamente se ci lasci autogestiti…questi pancakes spariscono in un baleno!)
Vorrei chiacchierare con gli altri e fare conoscenza ma le persone con noi non sembrano di umore socievole e allora lascio perdere.
Ripartiamo per continuare la nostra esplorazione della National Mall passeggiando per le vie della città, inzialmente lasciandoci trasportare dagli occhi, poi diretti di nuovo alla facciata della Casa Bianca.
Ci sono parecchi venditori di carabattole, ma essendo mattina presto stanno aprendo e noi abbiamo parecchie cose da fare quindi non possiamo aspettare, peccato.
Girovagare a Chinatown
Passiamo vicino a grandi edifici, decorazioni natalizie e piccole chiesette in pietra che spuntano qua e la; poi vedo da lontano il fantastico portale Torii di China Town.
Meraviglioso.
Il portale è enorme e abbiamo poi scoperto che in ogni città che abbia il quartiere cinese si trovano questi portali che lo delimitano.
All’incrocio principale del quartiere ci sono anche le strisce pedonali decorate con gli animali dell’oroscopo cinese e i lampioni per le strade hanno la forma di lanterne.
Per la strada incrociamo una senza tetto che si sposta con un carrello; fino ad ora non ne abbiamo visti molti ma avremmo avuto modo, purtroppo, di vederne moltissimi.
Con qualche deviazione, arriviamo nuovamente alla Casa Bianca, anche questa volta vista da lontanissimo ma vabbè.
Ho controllato molte volte se era possibile visitarla all’ingresso ma non ho trovato niente a riguardo.
Se avete buone notizie come: date speciali durante le quali è possibile visitarla, fatemelo sapere nei commenti!
L’incidente aviario e il Lincoln Memorial (di nuovo alla National Mall)
Il disastro aviario…ho visto questo enorme stormo di anatre tutte intente a cibarsi tranquillamente nel praticello; allora dico a Matteo: ora li spavento e li faccio volare.
Mi avvicino ma le oche semplicemente si scansano fino a che con la coda dell’occhio vedo Matteo che le circonda da un’altra direzione, fa due passi e…bamm…partono tutte in volo, ma sono tantissime….è stato divertentissimo anche se dopo poco ho avuto il terrore che qualcuno ci venisse a dire qualcosa.
Non è successo nulla, ma non mi sono tranquillizzata; mi è venuto in mente a dove potessero essere andate e se magari avevano creato problemi all’aereoporto lì vicino, ma niente, meno male.
La nostra meta è il Lincoln Memorial e ci arriviamo passando prima da altri vari memoriali; come quello del Vietnam che è veramente impressionante; ti ritrovi di colpo tra queste due pareti nere enormi e riflettenti e piene zeppe di nomi scritti piccolissimi.
Colpisce e ti porta a riflettere, questa guerra che in Italia non studiamo nemmeno, è valsa il prezzo di sangue pagato da questo paese?
Io penso che nessuna guerra valga il costo di vite umane che si paga; in un mondo giusto i problemi si cercano di risolvere parlamertando, al massimo protestando; ma mai gettando vite umane nell’inferno.
Cerco di scrollarmi di dosso questi sentimenti così neri, anche se qua alla National Mall è difficile riuscirci.
Questa parte del parco è densissima di memoriali e la maggior parte sono di guerre.
Per fortuna ce n’è anche uno dedicato ad Albert Einstein, e in qualche modo smangiucchiare qualcosa davanti ad un Einstein gigante mi risolleva il morale.
Fa abbastanza freschino per cui prenderci una bella bevanda calda mi pare un’ottima soluzione; a due passi da Einstein c’è un baracchino che vende anche souvenir e che offre cioccolate calde takeaway.
Troviamo un bellissimo piccolo storno che si dondola su una catena osservando le bricioline, è la prima volta che ne vedo uno da così vicino!
Il memoriale di Lincoln è veramente bello, con la sua scritta “I have a dream” nel posto dove Martin Luther King tenne il suo famoso discorso.
Mi sono messa proprio lì e ho alzato lo sguardo sulla Reflecting Pool cercando di immaginare quella marea immensa di persone tutte intente ad ascoltare parole di pace; speranza per un futuro migliore che purtroppo ancora non è stato raggiunto in America, e forse da nessun’altra parte.
Il Lincoln di pietra è enorme e ai lati della stanza si trovano parti dei suoi discorsi più importanti (il Discorso di Gettysburg e il 2° indirizzo inaugurale), difficili da tradurre in quanto sono scritti abbastanza in piccolo per essere su delle pareti così monumentali.
La statua di Lincoln risale al 1920 e si trova all’interno di un monumentale tempio dalle fattezze doriche; questo contrasta con l’aspetto tipicamente romano degli altri edifici nella National Mall.
Le 36 colonne previste nel progetto vennero immaginate come simbolo degli altrettanti stati che componevano gli USA alla morte di Lincoln e i loro nomi vennero scolpiti nella trabeazione; mentre i nomi dei 48 stati facenti parte dell’unione al momento del completamento dell’opera sono incisi sulle pareti esterne.
La posa della prima pietra è avvenuta proprio il giorno del compleanno di Lincoln, il 12 febbraio del 1914.
Memoriali
Proseguendo una sorta di immaginario giro in senso antiorario ci si trova davanti il Memoriale della Guerra di Corea con i suoi soldati di bronzo che camminano faticosamente nel pantano in mezzo alla pioggia.
History tips: questa guerra venne combattuta dal 1950 al 1953 e la causa scatentante fu l’invasione della Corea del Sud (alleata degli Stati Uniti) da parte della Corea del Nord.
Questo conflitto portò alla destituzione del presidente Truman, al rischio di una guerra nucleare (in quanto il generale americano MacArthur voleva lanciare bombe atomiche su Cina e Corea) e 2’800’000 tra morti, feriti e dispersi (metà dei quali civili).
Il Memoriale di Martin Luther King, Jr. ha impressionato molto Matteo per la frase che sta incisa sulla roccia da cui sembra uscire il corpo del predicatore: “Out of the mountain of despair, a stone of hope”.
Ed è proprio dalla “montagna della disperazione” che si passa per raggiungere la “pietra della speranza”, dove è scolpito Dr.King.
Questo memoriale è il primo, a Washington D.C. ad onorare un uomo di colore.
Intorno alla statua si trova l’Inscription Wall, un muro sul quale sono riportate citazioni tratte dai discorsi di King riguardo ai suoi quattro principi fondamentali: giustizia, democrazia, speranza e amore.
Si è fatta una certa, la destinazione è obbligata, i mille milioni di food truck che occupano le traverse della Mall dove procacciarci cibo; e ce lo siamo trovato, un gustoso panino che purtroppo ha una salsa ultrapiccante e che Matteo si è mangiato per salvarmi il palato dalla morte negli inferi.
In compenso ha preso una Dottor Pepper, la sua droga americana!
Il giardino giapponese e il Museo d’Arte Africana
Purtroppo il giardino giapponese non è al suo splendore visto il periodo dell’anno, allora ci siamo infilati nel Museo dell’Arte Africana, con tutte le maschere così finemente decorate di perline inserite una ad una.
C’è anche un gigantesco uroboro realizzato con le taniche di benzina che utilizzano i popoli per trasportare quel poco di acqua che trovano fino a casa.
Questo museo è in larga parte sotterraneo ed è collegato con quello dell’arte asiatica a cui abbiamo dato una sbirciatina ammirando qualche campana tibetana antica; ma non abbiamo più moltissimo tempo e quindi a malincuore siamo usciti per tornare alla stazione.
Al ritorno volevo passare da un altro memoriale però non l’abbiamo trovato; siamo finiti nell’unica via che devo ammettere mi ha messa un po’ a disagio.
C’erano un po’ di ragazzotti apparentemente poveri che ci squadravano e non mi è sembrato il caso di passare di lì visto che la zona non era molto affollata.
Ci è passato a fianco un uomo di colore con i jeans completamente stracciati e qualche fasciatura che chiedeva da accendere, gli ho dato l’accendino e poi ha chiesto soldi ma a quel punto avevamo capito l’antifona e ci eravamo già allontanati.
Alla fine dopo un lungo sguardo al Campidoglio con il sole ormai al tramonto siamo tornati in stazione ad aspettare il nostro autobus; non senza aver contato un enorme quantità di deliziosi e morbidosi scoiattoli.
Il ritorno è stato un buco nero, mi sono addormentata e me la sono goduta per tutto il viaggio; ovviamente con la sosta pipì nel cesso chimico del bus, pulito, tranne per il piccolo difetto che si sballottava un casino ma per fortuna le maniglione per reggersi mi hanno aiutata.
Ciao ciao Washington!
Se non sapete da dove siamo partiti e dove finiremo, cliccate qua sotto!