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Day 7: Harlem Reinassance e Dyker Heights

pronti per Harlem
Pronti per una nuova giornata!

Siamo arrivati a domenica, la giornata in cui ho prenotato il nostro piccolo tour ad Harlem, patria della grande comunità afroamericana e culla del “Rinascimento di Harlem”; il momento storico ideale per tentare di raggiungere la fama se si era un ambizioso musicista di colore.

Harlem si trova all’estremo più alto di Manhattan; nonostante molti credano che occupi tutta la parte nord oltre Central Park, in realtà non arriva a comprendere la penisola in tutta la sua larghezza.

Murales ad Harlem

History Tips: i primi a vivere in questa zona della città furono gli olandesi che la chiamarono Nieuw Harleem in onore dell’omonima città olandese.
Nel 1664 arrivarono gli inglesi a prenderne il controllo e la ribattezzarono Harlem.
Gli abitanti di colore vi arrivarono solo agli inizi del 1900 e già nel 1919 erano quadruplicati.

Un tour musicale

Anche oggi non abbiamo potuto poltrire nel letto, ci aspettava circa un’oretta di metro per poter attraversera tutta Manhattan.
Infatti il nostro albergo si trova a Lower Manhattan mentre Harlem è Upper Upper Manhattan.
Dovevamo essere al punto di ritrovo in orario perchè ci controllassero le prenotazioni e ce l’abbiamo fatta! Siamo puntualissimi!
Partiamo quindi seguendo una fantastica guida che ci canta anche brani celebri durante le spiegazioni.

Harlem
Harlem nella foschia mattutina

Fa parecchio freddo e la guida cerca ogni volta di fermarsi a parlare in un punto che abbia un filo di sole.
Siamo come i moscerini che cercano la luce!
Brr…
La cosa che non dimenticherò è l’ammonimento che ci dava quasi ad ogni passo: “Don’t step the poo”; in effetti c’è tanta poo in giro (per chi non fosse pratico la “poo” sono i bisognini degli animali).
Comunque, inzialmente ci siamo fermati in un cantuccino per un introduzione sulla musica gospel partendo dalla sua nascita nei campi di cotone.
Proprio nei campi gli schiavi cantavano per tenere un ritmo durante il lavoro ma soprattutto per confortarsi e anche per mandarsi messaggi da un campo all’altro utilizzando i passi della bibbia, l’unica cosa che gli leggevano i loro padroni.

Successivamente con l’abolizione della schiavitù le melodie si sono modificate ma sono rimasti alcuni fondamenti: il movimento del corpo, il battito delle mani a ritmo, l’utilizzo di frasi ripetute…
C’è sempre stato un filo conduttore con la religione nella musica gospel e non solo per i canti degli schiavi; quando riuscivano a fuggire dal sud per arrivare ad Harlem venivano spesso nascosti nelle chiese della zona che diventavano vere e proprie comunità che si davano una mano.

Chiesa di Harlem
Una delle chiese di Harlem che ha dato rifugio a tantissime persone

Questo periodo venne chiamato “La Prima Grande Migrazione” e furono ben 1.6 milioni gli afroamericani che abbandonarono il sud “rurale” per raggiungere il nord negli anni tra il 1910-1940.

Strivers’ Row: dove viveva e ancora vive l’elite di Harlem

Adesso camminiamo per le stesse vie battute da centinaia di personalità di spicco: da Aretha Franklin a Ella Fitzgerald, ma anche poeti come Langston Huges o sociologi come Du Bois.
Passiamo dalla famosa Strivers’ Row, con i suoi appartamenti che hanno ospitato persone di spicco e che tutt’ora hanno prezzi esorbitanti considerando il quartiere; non è il Bronx ma non è certo un quartiere ricco.

Strivers' Row ad Harlem
Strivers’ Row

Inizialmente queste case vennero pensate dal loro progettista, David H. King Jr., come abitazioni per la classe bianca medio-alta.
Nella sua idea questo ambizioso progetto si sarebbe trasformato in un quartiere a se stante, una piccola isola felice del nord di Manhattan.
Purtroppo il progetto fallì a causa della depressione economica del 1895; inoltre la classe bianca stava abbandonando questa zona e David H. si rifiutava di vendere le abitazioni agli afroamericani.
Il risultato fu che queste bellissime case restarono sfitte fino al 1920, quando finalmente poterono essere vendute alle persone di colore per ben 8000$.
Tra i vari acquirenti molti erano lottatori professionisti, da qui il nome “strivers’ row” che appuno significa “la strada dei lottatori”.

La musica e l’Apollo Theater

Durante la passeggiata vediamo anche tanti murales, alcuni commemorativi di personaggi importati, come quello del trombettista Dizzy Gillespie.
A Dizzy si era storta la tromba, ma continuava lo stesso a suonarla e dopo che divenne famoso le persone volevano una tromba storta come la sua.
C’è poi un altra famiglia di murales, molto importante per le persone di colore in quanto veicola messaggi per la loro sicurezza.

Murales di Dizzy Gillespie ad Harlem
Dizzy Gillespie e la sua tromba storta

Questa ultima cosa mi ha molto colpita.
Avevamo già notato quanto le differenze legate al colore della pelle fossero presenti e nette all’interno del tessuto sociale americano (o almeno Newyorkese); ma non pensavo che fosse necessario scrivere su un muro che hanno dei diritti e che la polizia non ha potere di fare ciò che vuole di loro; che possono chiedere perché vengono fermati se non hanno fatto niente.
Un ragazzo di 14 anni venne brutalmente ucciso per aver fatto catcalling nei confronti di una donna bianca; questo bambino proveniente dal nord era andato al sud per trovare dei parenti.
La madre volle che il funerale fosse pubblico e con la bara aperta per far vedere a tutti cosa era successo a suo figlio; questo ovviamente non fece altro che aumentare i dissapori già molto forti in tutto il paese.

Campo da basket ad Harlem

Passiamo anche vicino ad un campo di basket con la rete, come quelli dei film!
Putroppo oggi non c’è nessuno a giocare, peccato perchè dopo tutti i film che ho visto ambientati ad Harlem, non mi sarebbe dispiagiuto spiarli un pochetto.
Arriviamo quindi davanti al famoso Apollo Theater, dove si sono esibiti i più grandi nomi della musica afro internazionale.

Non siamo entrati a vederne le sale ma in compenso ho fotografato le targhette con tutti i nomi delle star che hanno fatto la storia della musica proprio qui, dove stanno i miei piedi adesso.

La fine del tour alla messa gospel

Concludiamo il tour alla Salem Church dove assistiamo alla messa gospel.
E’ un’esperienza particolare, certo come tutti mi sarebbe piaciuto assistere ad un coro in stile Sister Act ma già ero preparata a non vederlo essendomi informata su internet.
Mi aspettavo un coro più vario invece sono solo alcuni uomini un po’ anziani, comunque accompagnati da bravi musicisti per cui nel complesso è molto bello.
Mi ha sorpreso molto lo stile della messa, la fede è episcopale metodista e non ha niente in comune con le nostre messe.
All’inizio il predicatore ci ha chiesto di presentarci tra turisti e fedeli, ed è bello stringere le mani ai membri di quella comunità che devo dire hanno negli occhi una luce speciale, una vivacità che da noi praticamente non esiste, sono felici di essere lì e pronti a sentire le parole del predicatore.

Salem Church a Harlem
Salem Church

Durante la funzione viene letto qualche salmo e il vangelo di cui è stata data un’interpretazione estremamente più attuale e differente da quelle che si sentono normalmente in Italia.
Sono spiegazioni molto utili nella vita quotidiana e rivolte anche ai giovani per trasmettere loro dei valori.
Tutto è intervallato dai canti del gruppetto ma anche da una sorpresa; una ospite di riguardo che ha cantato un’unica canzone ed è stato molto bello sentire una voce femminile.
Mentre la musica si diffonde nell’ampia sala e durante la predica guardandomi intorno ci sono molte persone ad occhi chiusi o che a voce alta dicono “Amen” o “Yes”, con mani alzate al cielo e con tutta l’anima; questo è molto vicino al mio immaginario del rapporto con la religione delle persone di colore che trovano sollievo dalle loro sofferenze in questo tipo di vita religiosa.

Dopo la funzione c’è sempre il pranzo per i fedeli, ma io e Matteo abbiamo approfittato di un commento fatto dalla guida circa IHOP, house of pancakes, e così ci siamo diretti lì.
Aspettiamo circa un quarto d’ora ma poi il servizio è abbastanza rapido; ordiniamo 5 pancake e le scrambled eggs con avocado e patate al forno.
Ricorderò per sempre quelle uova soffici, burrose, e l’accostamento con l’avocado è divino.
Anche i pancake sono veramente buoni, uno dei migliori piatti mangiati in città, possono essere accostati a 4 differenti salse: sciroppo d’acero di due tipi, mirtillo e fragola.

Yankee Stadium

Dopo pranzo passiamo a dare un’occhiata allo Yankee Stadium, purtroppo non sono riuscita ad incastrare la visita dello stadio per incompatibilità degli orari e mi è dispiaciuto moltissimo, non ho mai visto uno stadio di baseball; forse in Giappone riuscirò a visitare il Tokyo Dome, chi lo sa.

History Tips: questo stadio è stato completato nel 2009, quindi è abbastanza recente, e fin dalla sua inaugurazione è la casa dei New York Yankees.
E’ costato ben 2,3 miliardi di dollari, di cui circa la metà pubblici, per cui (al 2019) è l’impianto sportivo più costoso al mondo!

Dovevo venire a vederlo anche perchè devo entrare nel suo Hard Rock Café!

House of Pancakes a Harlem
Colazione alla House of Pancakes

Gli interni sono ovviamente molto a tema baseball, con tutte le magliette dei giocatori e altre memorabilia, come gli anelli che ricevono i giocatori con la vittoria della MLB, la World Series.
Non esploriamo praticamente nulla della zona attorno allo stadio ma quel poco mi basta; il quartiere è estremamente povero e pieno di mendicanti, si respira un’aria completamente diversa da quella del resto della città, ed è pieno pomeriggio.

Yankee Stadium
L’imponente edificio dello Yankee Stadium

Dyker Heighs, dove il Natale è di casa!

Flatiron Building
Flatiron Building

Al ritorno da Harlem passiamo dal Flatiron Building, che purtroppo è in ristrutturazione ma comunque mi piace un sacco e con lui i vari grattacieli della 23esima strada.
Questo è uno snodo importante per la metro e ci permette di andare verso Brooklyn, nel quartiere di Dyker Heighs a vedere le case addobbate per il Natale.
Da Manhattan a Dyker Heighs ci vuole un po’, più o meno 40min di metro, e un altro quarto d’ora a piedi per raggiungere le strade più famose, ma non potete rinunciare per questi motivi.

Inizialmente ero preoccupata di vagare di sera così lontana dall’albergo ma non potevo sbagliarmi di più; appena arrivati vicini alle strade consigliate abbiamo trovato una folla incredibile di turisti e locali che girano fotografando queste splendide case luminose.

C’è addirittura la polizia agli incroci per gestire il traffico di persone e macchine, una scena davvero impressionante.
Le case sono meravigliose, ci sono quelle eleganti e classiche vicino ad accozzaglie assurde con ogni tipo di lucina e personaggio luminoso.
Una è interamente blu elettrico mentre un’altra ha una foresta di alberi tutti illuminati; un luogo magico che non ho idea come sia vedere da soli, peccato per tutta quella folla.
Non ci tratteniamo molto perché domani ci aspetta il viaggio a Philadelphia con una sveglia leggermente più tarda rispetto a Washington ma comunque parecchio mattiniera (alle 6 abbiamo il bus).

Se non sapete da dove siamo partiti e dove finiremo, cliccate qua sotto!



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2 commenti

  1. Greta dice:

    Blog molto interessante.

    Anche io consiglio di partecipare ad una messa gospel. Io ho partecipato ad una messa in un campus universitario tra studenti. Si sente davvero tanto lo spirito di partecipazione. E il coro era molto bravo.

    1. Bello il coro nel campus! Sicuramente un esperienza meno turistica della nostra; se ci torneremo cercheremo di infiltrarci in qualcosa di più autentico xD

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