Buon Natale Manhattan!!!
Può sembrare che il giorno di Natale tutto sia chiuso e trovarsi a festeggiarlo all’estero non sia fantastico, ma per una volta non è così.
Quando siamo andati a Budapest effettivamente abbiamo fatto fatica a trovare posti aperti da visitare e dove poter mangiare.
A New York vivono moltissimi ebrei che lavorano durante le festività natalizie per cui sono possibili moltissime attività.
Il Manhattan Bridge
Durante la pianificazione del viaggio ho trovato un tour del quartiere di Bushwick, a Brooklyn.
La nostra guida sarebbe stata una streetartist facente parte di un’associazione, i cui membri si occupano di pubblicizzare questa espressione artistica così in voga nella zona.
Bushwick non è solo un’area per sbizzarrirsi con gli spray.
Accoglie artisti da tutto il mondo, desiderosi di lasciare il loro “TAG” o qualche cosa di più, come immensi muri multicolor.
Prima dell’appuntamento però ci godiamo una passeggiata nella via forse più fotografata di Brooklyn, ossia l’incrocio tra Water St e Washington St, divenuta famosa grazie alla copertina del film “C’era una volta in America”.
Da questo punto è possibile osservare il Manhattan Bridge.
Lo scorcio è molto suggestivo e non siamo gli unici ad essere presenti; in pochissimo tempo si crea una coda di turisti pronti a farsi fotografare.
Questo ponte sospeso è stato l’ultimo ad essere costruito, dopo quello di Brooklyn e di Williamsburg.
Pensate che la sua lunghezza totale è di circa 2 km con una campata maggiore di 451m!
Ed è già un ponte centenario, infatti è stato completato nel 1912.
Facciamo due passi in zona godendoci la vista di Manhattan e del Brooklyn Bridge dal basso per poi tornare verso Bushwick.
Prima però faccio una capatina al bagno in un grande edificio in mattoni rossi che ospita diversi locali.
Il motivo per cui lo scrivo ovviamente non è il fatto che sia andata in bagno, lo faccio molto spesso, ma che su una parete trovo un quadro dinamico.
Quest’opera d’arte ti riproduce come uno specchio sfruttando una telecamera e, attraverso tanti minuscoli motori, cambia i colori del quadro secondo il tuo movimento.
Tra i murales di Bushwick
Bushwick è un quartiere molto interessante, sembra malfamato ma in realtà è solo più intimo, lontano dal caos e dalla solitudine di Manhattan.
Arrivati alla porta da cui dovrebbe iniziare il tour ci accoglie una signora abbastanza singolare, l’avrei detto subito vedendola per strada che quella era una graffitara.
Il quartiere è stupendo, ad ogni angolo ci sono murales realizzati con pitture, tecniche e stili completamente diversi.
La spesa per questo tour è stata di circa 40€, secondo me li vale tutti a patto che capiate bene l’inglese e potete prenotarla qui.
Tenete presente che il massimo dei partecipanti è di 10 persone, con tutti i vantaggi che derivano dall’avere poche persone intorno.
Super consigliato!
Innanzitutto il quartiere non è mai lo stesso; difficilmente i murales durano per più di un anno senza essere ricoperti da nuovi, anche in questo sta il bello della street art, non è per sempre.
History tips: il nome del quartiere deriva dal tedesco e sta per “collina boscosa”, infatti agli inizi era questo.
Successivamente la comunità tedesca che si installò lì iniziò a disboscare la zona per costruirvi tanti birrifici e prosperò.
Poi arrivò il proibizionismo e così la zona si spopolò, le fabbriche chiusero in attesa di nuovi inquilini.
Inquilini che non tardarono molto ad arrivare, l’intera zona si riqualificò e adesso è piena di fabbriche alimentari; per la maggior parte cinesi.
La guida ci dice che nei giorni di attività si spande per l’aria l’odore del cibo prodotto.
Gli streetartist trasmettono messaggi con la loro arte e se possibile cercano di migliorare il panorama, per cui le zone industriali, grigie e fredde sono molto gettonate.
Tag, Sticker e persino Pubblicità
La guida ci spiega che esistono molte forme di arte: i TAG sono semplici firme che possono anche essere realizzate sopra murales più complessi e servono a dare visibilità.
Alle volte sono la firma di un singolo artista ma spesso sono quelle di una gang, non in senso negativo per forza di cose, semplicemente di un gruppo di graffitari che lavorano insieme.
Poi ci sono gli STICKER come altra forma semplice, possono essere di carta o di materiali plastici, vengono incollati un po’ dappertutto e la loro longevità dipende spesso dalla qualità della colla utilizzata.
Ci fa notare tag e simboli realizzati anche sull’asfalto, oppure sulle alte cime dei palazzi, oppure ancora in zone visibili solamente quando si è in metro.
Uno che mi è piaciuto molto è il FIVE, che di per se non avrebbe significato, se non fosse che viene realizzato solo in posti molto alti così da assumere il significato di HIGH FIVE (batti cinque), e tutto cambia.
Poi abbiamo il mercato dei graffiti; molti di questi artisti cercano di vivere della loro arte, e possono accadere varie situazioni:
- l’artista paga perché gli venga concesso l’uso di un muro e ne fa ciò che vuole;
- l’artista viene pagato per dipingere un muro però è vincolato nel soggetto che spesso è un prodotto e quindi il murales funge da pubblicità;
- l’artista viene pagato per usare un muro e può rappresentare quello che preferisce.
Abbiamo visto due pareti con delle pubblicità ma i più erano pura espressione degli artisti.
Non sono solo bombolette!
Non ci fermiamo solo alla spiegazione dei soggetti ma ci mostra anche le differenti pitture; alcune delle quali sbiadiscono subito per colpa del sole; mentre altre sono quasi immortali e sembrano più lucide e plasticose.
Anche lei ha realizzato uno dei murales, con alcune simpatiche donnine nude che sono state subito censurate da qualcuno.
Dice che questo non la infastidisce, spesso altri artisti mettono tag o correggono murales di altri.
Questo non è visto come un atto di vandalismo bensì come collaborazione tra artisti che nemmeno si conoscono (anche se da noi spesso è vandalismo, tracciano segni a casaccio solo per sporcare il disegno di un altro).
Alcuni murales fanno emergere il disegno solo se visti a distanza, mentre da vicino tutto si confonde e sembrano senza senso; opere realizzate da coppie di artisti nei quali uno traccia lo sfondo e le linee guida e l’altro si occupa dei dettagli.
Intorno a noi è pieno di furgoncini e camion completamente coperti di tag.
Per gli artisti emergenti è importante mettere il loro nome un po’ ovunque.
Addirittura alcuni murales vengono realizzati con la pittura acrilica; il che vuol dire consumare un’infinità di pennelli sulle mura ruvide, però l’effetto è molto bello.
Viene considerata streetart anche la comparsa di piccole installazioni, come un simpatico robottino metallico che si trova in vari punti della città.
Per finire il tour, sulla cima di un vecchio capannone abbandonato ci fa vedere una grande scritta bianca, per me incomprensibile; è il più vecchio murales del quartiere, rimasto non coperto per circa 20 anni.
In pratica un pezzo della preistoria dell’arte dei graffiti, si è molto emozionata e abbiamo capito quanto volesse dire per lei avere ancora lì quel murales.
Il Ponte di Brooklyn
La nostra tappa successiva è il famosissimo Ponte di Brooklyn che collega l’isola di Manhattan al quartiere di Brooklyn.
Facendo foto a destra e manca mi sono soffermata su alcuni turisti ma soprattutto sono gli ebrei ortodossi che catturano la mia attenzione; non posso farci nulla, in Italia non è così semplice incontrarli e di certo si notano.
Ho scoperto successivamente che le donne ebree quando si sposano si rasano i capelli e iniziano a portare una parrucca.
In questo modo solo il marito potrà vedere i nuovi capelli, che un po’ come tutto il resto della donna, sarà di sua proprietà, e questo mi inquieta tantissimo.
History tips: questo ponte una volta era il ponte sospeso più lungo al mondo.
La sua lunghezza da un ingresso all’altro è di 2,36km, tenetelo presente se decidete di intraprendere una “passeggiata”.
E’ stato anche il primo ponte che hanno realizzato interamente in acciaio.
Iniziarono a costruirlo nel 1869 per terminarlo nel 1883.
Il ponte è magnifico ma purtroppo ha reclamato la vita di ben 27 persone, compreso il suo creatore, l’ingegnere tedesco John Augustus Roebling. La maggior parte delle vittime è morta a causa di embolie polmonari mentre lavorava nelle camere di scavo sottomarine.
Ritorno a Manhattan: Chinatown
Arrivati dall’altra parte del ponte di Brooklyn, cioè a Manhattan, andiamo ad esplorare il quartiere di Chinatown, mi piace un sacco questa parte della città!
Tutte le casette sono in mattoncini con le tipiche scalette antincendio e le scritte cinesi ovunque, da una strana sensazione perché sembra a tutti gli effetti di essere in Cina ma con la nota stonata dell’architettura.
Volevo trovare i famosi Five Points, il luogo descritto nel film “Gangs of New York”; ma non sono sicura di averlo inquadrato anche perché con tutta probabilità adesso è un grande incrocio.
History tips: il suo nome derivava dai cinque angoli dell’incrocio principale ed è stato per molti anni un quartiere povero e degradato di Manhattan.
Iniziò a popolarsi nel 1820, quando il ceto medio-alto migrò verso altre zone dell’isola, ma ebbe la sua vera espansione nel 1840 a seguito di un’enorme incremeto dell’immigrazione (erano questi gli anni della carestia irlandese).
Nel suo periodo di “massimo splendore” quasi non c’erano altri quartieri in tutto il mondo occidentale che potesse rivaleggiare con i Five Points in quanto a criminalità e prostituzione.
Un lato positivo però lo si può trovare sempre; qua si gettarono alcune basi per l’integrazione razziale americana. In questo quartiere convivevano i primi schiavi afroamericani liberati e gli irlandesi, nonchè i nativi newyorkesi.
Nei Five Points si formarono moltissime gang come i Roach Guards, i Dead Rabbits e i più “benestanti” Bowery Boys.
Herbert Asbury scrive che nel 1862 la polizia arrestò ben 82072 persone, circa il 10% degli abitanti del quartiere; posto tranquillino!
Dentro Chinatown: il Mahayana Temple
Oggi la situazione, per fortuna, non è più quella della prima metà dell’800.
Nell’area metropolitana di New York si trova la più alta concentrazione di cinesi espatriati del mondo. Questa Chinatown è una delle 12 che formano l’enorme comunità cinese.
In un negozietto defilato compriamo dei dolcetti bizzarri, volevo restare a mangiare cosette cinesi tutto il giorno ma abbiamo altro da vedere!
Comunque ho mangiato un mochi e Matteo ha preso una specie di cannolo salato con dentro una non meglio identificata cremina formaggiosa.
Terminiamo l’esplorazione del quartiere con una visita al Mahayana Temple.
Questo è un grande tempio buddhista al cui interno si trova un Buddha dorato alto quasi 5 metri.
Non si possono fare foto all’interno, ma non lo dimenticherò il mio primo tempio.
Sono visibili tutti gli strumenti musicali usati durante i riti e sulle pareti si trovano moltissimi quadretti raffiguranti tutta la vita di Siddharta.
Il Greenwich Village e la casa di Friends!
Sempre a piedi arriviamo fino al Metronome di Union Square dove ci siamo perdiamo nel cercare di capire cosa simboleggi.
Vado a cercare su internet e semplicemente misura il tempo: le prime sette cifre indicano ore, minuti, secondi e decimi di secondo del giorno; mentre le ultime sette cifre sono un conto alla rovescia al termine della giornata.
Girottando per la piazza vediamo diverse sculture di personaggi famosi tra cui Gandhi e proseguiamo verso il quartiere universitario.
Qua si trova appunto la New York University e il Washington Square Arch.
Ricorderete quest’ultimo se, come noi, siete fan di HIMYM.
Nel quartiere di Greenwich Village coraggiosamente mi ordino un caffè al Cafè Reggio.
Questo bar ancora possiede una vecchia macchinetta del caffè portata in America dal fondatore del bar.
Il caffè fa schifo come da tutte le altre parti, anche se il locare ha chiaramente un’atmosfera italiana.
PS: so che “schifo” non si dice, ma non trovo altri aggettivi per quel caffè.
In questo momento, anche se ormai siamo alla fine della vacanza, abbandono tutte le mie residue speranze di gustare un caffè decente.
Dopo il Café Reggio arriviamo alla casa di Friends, annunciata dal classico gruppetto di turisti.
La cosa buffa è immaginarsi cosa possano pensare coloro che non conoscono la serie; una ventina di persone che fotografano un’appartamento.
Una stazione della metro, un po’ particolare!
Prendiamo la metro per tornare verso il quartiere di Chelsea, e ci imbattiamo in una fermata bellissima.
Le stazioni a New York non sono come quelle di Londra, dove ad ogni fermata c’è una decorazione differente.
Non sono nemmeno monumentali come quelle di Mosca, opere architettoniche a se stanti.
Ma questa, all’incrocio tra la 14th Street e la Eighth Avenue, è proprio speciale.
Quasi…magica!
Vedrete tantissime sculture in bronzo che raffigurano piccoli omini operosi.
Si chiama “Life Underground” ed è un’opera dell’artista Tom Otterness.
Otterness ha affermato che il soggetto dell’opera è “l’impossibilità di comprendere la vita a New York”.
Inoltre descrive la scelta nel disporre i pezzi come “sparsa in piccole sorprese”.
La critica d’arte Olympia Lambert ha detto che: “gli adorabili personaggi di bronzo installati lì sono uniti da un tema comune di criminalità implicita mescolata a una corrente sotterranea di anarchia sociale”.
Ma li ha etichettati anche come “troppo carini” (non potrei essere più d’accordo), dicendo che questo “mina l’aspetto critico dell’opera”.
Un personaggio frequente è l’omino con la testa a forma di sacco di denaro.
E’ la rappresentazione fatta dal fumettista politico Thomas Nast di Boss Tweed e della corruzione presente a Tammany Hall nel momento in cui la metro venne costruita.
Una passeggiata serale verso una galassia lontana lontana…
Completiamo la giornata natalizia lungo la High Line, dove ancora si possono vedere i binari della vecchia linea sopraelevata.
Questa ferrovia portava cibo e beni in tutta la città e ora è diventata una bellissima passeggiata panoramica fino al Vessel.
Lungo la passeggiata ci sono molte panchine per rilassarsi, nonché alcuni murales visibili solo se si passeggia lì.
Per un piccolo tratto ci accompagna la musica proveniente da uno strumento orientale che mi piace tantissimo.
Mi sarei fermata volentieri ad ascoltarlo ma questa sera abbiamo un appuntamento ben più importante.
Dobbiamo andare al cinema a vedere STAR WARS!!!
“A long time ago, in a galaxy far far away…”
E’ stato fantastico: andare ad un cinema americano; il giorno di Natale; fare i nerd pazzi e vedere l’ultimo film “L’ascesa di Skywalker” che ancora non è uscito in Italia.
Ed uscire avendo capito tutto il film.
Mi ha riempito il cuore di gioia.
Se non sapete da dove siamo partiti e dove finiremo, cliccate qua sotto!
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