In questa serie vi aiuteremo a organizzare il viaggio nella terra del ghiaccio e del fuoco, l’Islanda! Condivideremo alcuni accorgimenti per risparmiare e vi porteremo con noi per 18 giorni a zonzo per l’isola con il nostro van!
Volete andare anche voi in Islanda ma non avete idea su dove iniziare?
In questo articolo vi spiego i fondamentali!
Velkommin!
Beep! Beep!
Sapete quando nei cartoni animati il protagonista di turno estrae da sotto le coperte un martellone gigante e spiaccica la sveglia?
Ecco, peccato che non ho un martellone e mi dispiacerebbe troppo distruggere il telefono di Matteo.
Sono le 3:15 (nel caso non fosse chiaro, del mattino…cioè della notte)
Ieri sera abbiamo preparato i bagagli che consistono in:
– zaino da 50L come bagaglio da stiva;
– 2 zaini da 30L come bagagli a mano;
– uno zainetto da 10L come borsa piccola.
Come mai solo zaini?
Perché lo spazio per stiparli nel van è troppo basso per un valigione.
Gli zaini sono deformabili e quindi perfetti per la pratica del “ti prendo a pugni finchè non assumi la forma del buco in cui ti voglio mettere a tutti i costi”.
Dopo una colazione che pare più simile allo spuntino dell’after di capodanno ci incamminiamo per andare a prendere l’autobus per l’aeroporto di Dublino, ore 4:45.
All’aeroporto
Alle 8 arriviamo all’aeroporto, troviamo la stazione per imbozzolare lo zaino da stiva (non tanto perché contiene roba fragile quanto perché è pieno di cinghie e lacci ed ho paura che si strappi) e via, siamo pronti per il security check e l’attesa.
Una bambina mi fissa con interesse, avendo i capelli blu capita spesso che i bambini si incuriosiscano.
La cosa che questa volta mi ha sorpresa è stata la madre che le ha detto che ero una “fairy”, una fata!
Che figo!
Lo ammetto sono una fata fighissima con i miei capelli blu e il mio abbigliamento da trekking.
Saliti sull’aereo un wow è d’obbligo!
Voliamo sempre con Ryanair e ritrovarsi su una low cost messa meglio come Icelandair mi ha fatto tornare al viaggio con American Airlines, un paradiso!!!
C’è lo schermo!
I posti a sedere sono più comodi!
Passano le hostess ad offrirti un succo di frutta gratis!
Okay non ci sono i giochini e i mini-hamburger ma che diamine, è tutto molto molto bello per sole due ore di viaggio!
Comunque a parte il succhino non ho approfittato di altro se non del sedile per piantarci una dormita colossale.
Islanda ci siamo!
Meno male mi sono svegliata in tempo per l’atterraggio, guardo fuori dal finestrino e…sono in Islanda!
E…ci sono un sacco di nuvole!!!
Fortunatamente da un mese a questa parte l’Islanda ha tolto tutte le restrizioni legate al Covid 19, compreso l’obbligo di fare un tampone all’arrivo.
Passando al controllo passaporti vedo l’ufficiale fare un timbro sul passaporto di un signore davanti a me. Potevo non chiedergli di fare il timbrino anche a me?
Mi ha risposto: “Non dovrei, ma se ci tieni tanto…”
Evvai!
Sono una collezionista compulsiva di un sacco di cose, ovviamente avere tanti timbrini sul passaporto mi manda al settimo cielo.
Il recupero bagagli è stato un po’ lungo, ma fortunatamente il nostro zaino è arrivato sano e salvo.
Decidiamo di conservare il rivestimento per il viaggio di ritorno e abbiamo fatto bene.
Info utile: all’aeroporto di Keflavík non hanno una wrapping station per incelofanare i bagagli.
Alle 15 siamo fuori dall’aeroporto.
Il cielo è coperto e l’aria è fresca ma non gelata; spira un leggero venticello e non piove, ottimo direi!
Un’accoglienza regale!
La prima impressione del paesaggio islandese penso sia qualcosa di unico per ognuno di noi.
Il terreno è estremamente pianeggiante per chilometri e finisce con le montagne all’orizzonte.
Oggi le nuvole sono così basse da dare l’impressione che il cielo ci voglia schiacciare.
Se non fossi euforica per l’avventura che ci aspetta lo vedrei come un paesaggio che mette soggezione.
E’ strano, non ho mai avuto questa sensazione; la cosa bizzarra è che l’occhio riesce a vedere lontanissimo, però al tempo stesso vede poco in altezza a causa delle nuvole, curioso.
Il ritiro del Van
Usciti dall’aeroporto abbiamo contattato CampEasy e dopo un quarto d’ora Iris è arrivata con la navetta. Iris è una donna solare con dei folti capelli biondi e ricci, un inglese dall’accento islandese e un sorriso contagioso.
Ci ha confermato che la giornata è ottima, siamo fortunati.
Con noi c’è una coppia di Seattle, abbastanza provata dal viaggio e dal jet lag.
La loro prenotazione per il ritiro del van è prima della nostra (che sarebbe stata per le 18, ma Iris ci ha assicurato che avremmo avuto le chiavi in mano in anticipo).
A CampEasy hanno una carinissima sala d’attesa con divano e macchina del caffè, ne abbiamo approfittato prendendoci una bevanda calda con…i cubetti di zucchero!
Sciogliere il cubetto mi ha riportata all’infanzia, mia nonna non restava mai senza e io ne rubacchiavo sempre qualche d’uno.
Sul tavolo da caffè c’è un’enorme librone con le pagine in carta d’acquerello antichizzata.
L’abbiamo trovato ricco di ringraziamenti e racconti degli altri viaggiatori.
Come predetto, alle 17 abbiamo avuto il nostro van, la nostra casa temporanea.
E’ bellissimo!
Eccetto per un cassetto un po’ malmesso che ci siamo fatti sistemare al momento.
Ma prima di mettere in moto una cosa importantissima: sempre nella sala d’attesa hanno una dispensa e un frigo dove chi è in partenza lascia il cibo che non ha mangiato.
Cioè scherziamo!
Cibo gratis?
E possiamo prendere tutto quello che vogliamo?
Borsa mia fatti capanna! Ovviamente faccio lì la prima spesa della vacanza: burro, olio, sale, biscotti con la crema, tisane, ramen…
Facciamo le foto a tutto per sicurezza (è importante quando si noleggia qualcosa avere una prova delle condizioni del mezzo al ritiro) e partiamo!
Hit the road baby!
Si torna a guidare dalla parte giusta della strada! (cioè a destra)
Siamo abbastanza provati dalla sveglia improponibile e dal lungo viaggio.
Il programma prevede di fermarci a fare la spesa al Bónus e poi andare al primo campeggio: Vogar Campsite.
Dovete sapere che tra le cose che adoro la cucina occupa un posto speciale; fare la spesa in un supermercato straniero è come andare ad un luna park per me!
Skyr, Svið e wurstelini
Qua prendiamo il pane e il necessario per la colazione.
Dopo tutte le ricerche fatte prendo:
– un mega barattolone di Skyr (il tipico yogurt islandese);
– dei wurstel d’agnello economici e dall’aria invitante;
– un pacco di Hangikjöt (che letteralmente significa “carne appesa”, dalla tradizione di appendere la carne ad affumicare.
E’ sostanzialmente una soppressata di agnello che si trova tagliata a fette e si può usare come un qualsiasi salume per preparare dei panini all’islandese.)
Tra i cibi più curiosi non si può non nominare lo Svið!
Non posso comprarlo perchè mi sarebbe impossibile cucinarlo nel van, però avrei voluto tanto.
Ma che cosè?
E’ una graziosa ed “invitante” testa di pecora tagliata a metà e bollita.
Fa parte dei cibi del Þorramatur, una selezione di pietanze servite solitamente durante i buffet.
Ho cercato un ristorante a Reykjavik dove poterla assaggiare ma l’unico posto che la serviva per i turisti ha chiuso.
Tramite alcuni connazionali che vivono qui ho scoperto che non è un piatto comunemente cucinato nelle famiglie.
Mi hanno detto che è più una sorta di cibo per gli anziani, forse più legati alla tradizione rispetto alle nuove generazioni.
Un altra curiosità in merito al supermercato è la disposizione dei cibi che da noi si trovano nei grandi frigoriferi come latte, salumi e carne.
La difficile scelta riguardo all’Hardfiskur
Qui preparatevi ad indossare la giacca perchè per poter prendere queste cose entrerete in una stanza che è un’enorme cella frigorifera.
Pensate che a Matteo è venuto un leggero mal di testa per colpa del freddo!
L’ultima cosa che non poteva mancare al mio carrello è l’Hardfiskur!
Consiste semplicemente in uno snack a base di pesce essiccato, ricco di nutrienti e proteine.
Siccome c’erano varie marche e non è proprio economico, ho fermato un signore chiedendogli quale fosse il migliore.
Il responso è stato: Vestfirska Harðfisksalan confezione blu!
Dopo aver sistemato, con fierezza devo aggiungere, la prima spesa nel van, andiamo al campeggio a mangiare e dormire.
Ma prima, qualche inchiodata col van non fa mai male!
Scherzi a parte, nei primi giorni Matteo ogni tanto si scordava di non avere una frizione ed arrivato agli stop schiacciava quello che “credeva” essere la frizione, ma che invece era il freno.
Vogar è una piccola cittadina a un quarto d’ora dall’aeroporto e il campeggio è spartano, ma funzionale.
Purtroppo le docce non erano funzionanti ma sono abbastanza sicura che le avranno riparate in vista della stagione estiva.
C’era un bagno, con il riscaldamento! (sembra poca roba ma credetemi, quando non lo troverete ve ne accorgerete) e una cucina con tutti i comfort.
Consiglio di Brachi’s: se è vostra intenzione andare a dormire in questo campeggio, chiamate e chiedete se hanno delle bombole del gas avanzate.
Quando siamo arrivati abbiamo trovato due scaffali pieni, potevamo non comprare quelle extra fornite da CampEasy e prenderle gratuitamente qui.
Anche qua, come in quasi tutti gli altri campeggi, c’è una dispensa dove vengono lasciati gli avanzi di cibo e chiunque arriva ne può approfittare.
TACCUINO DI VIAGGIO GIORNO 1:
– km in van: 18
– km a piedi: probabilmente non più di 2
– spesa: 133€
Secondo giorno
Per chi ha già letto altri miei articoli la cosa può sembrare ripetitiva.
Beh in effetti lo è ma non possiamo evidentemente farci nulla.
L’idea era quella di arrivare al primo posto della lista di oggi alle 8.
Non si accettano scommesse perchè l’esito è scontato, ce l’abbiamo fatta?
Ovviamente no, abbiamo parcheggiato il van alle 9.
Questa vacanza però la voglio vivere in modo diverso, senza pressioni.
Ho creato un itinerario ricchissimo ma da non seguire alla lettera, vedremo quello che riusciremo.
Il mio piccolo demone interiore (colui che vuole che io visiti tutto quello che è sulla lista) dovrà farsene una ragione.
A cuccia demone interiore!
Abbiamo dormito entrambi molto bene nel nostro piccolo van, coperte calde e comode; il divano che ci ha fatto da letto è duro (e questo è un bene) e il Webasto ha fatto il suo dovere, niente di cui lamentarsi a parte l’ora della sveglia.
Kleifarvatn
Questo lago si trova a una mezz’ora da Vogar e per fortuna lo abbiamo trovato ghiacciato.
La leggenda vuole che nelle sue profondità viva un mostro somigliante ad una balena!
Questo lago è il più grande della penisola di Reykjanes ad anche
uno dei più profondi con i suoi 97m.
La penisola, e lo stesso lago, si trovano sopra la dorsale medio-atlantica, tra la placca tettonica del Nord America e quella Euroasiatica.
E’ proprio il loro movimento, che le spinge a separasi ogni anno di più, a provocare frequenti terremoti ed eruzioni vulcaniche nella zona.
Pensate che nel 2000 un terremoto prosciugò il 20% della superficie del lago!
Kleifarvatn non ha affluenti, tutta la sua acqua proviene dalle porosità della lava, ma nonostante questo ci sono i pesci (e il mostro balena ovviamente).
Seltún e/o Krýsuvík
Seltún è un’area geotermale a pochi minuti da Kleifarvatn ed è un ottimo posto per un primo incontro con questa fantastica risorsa che soddisfa il 50% del fabbisogno energetico islandese.
Ben il 30% dell’elettricità viene prodotta tramite i vapori del sottosuolo.
Una passerella di legno si snoda tra le pozze gorgoglianti, il vapore ci circonda dandoci un illusorio senso di calore; infatti appena la sua carezza ci abbandona…sbam!
Arriva il vento freddo che ci risveglia in un batter d’occhio.
Ma non importa, siamo in Islanda!
E i colori sono meravigliosi, le solfatare sono grigio bluastre e borbottano sonoramente.
Le fumarole sono sorgenti termali e spesso colorano il terreno intorno a loro di rosso, marrone, argento, blu, giallo e bianco!
Bisogna ricordarsi di non passare ore e ore ad inalare lo zolfo della zona perché a lungo andare può far venire il mal di testa.
Siamo soli e devo ammettere che è molto rilassante passeggiare tra i colori e i suoni della natura.
Ma questa zona non è stata sempre così…
Indietro nel passato
Il 25 ottobre 1999 si aprì un enorme bocca nel terreno e l’esplosione fu così forte da far saltare in aria la caffetteria, per fortuna nessuno si fece male.
Ma state tranquilli, non succederà di nuovo.
Si pensa che l’esplosione sia stata causata dall’otturazione di un foro che venne scavato nel 1948 per verificare la possibilità di sfruttamento energetico dell’area.
C’è un’altra zona che potrebbe esplodere e proprio per questo ne è stato vietato l’accesso.
Ricordate che se vedete zone inaccessibili il motivo potrebbe essere che rischiate la vita andandoci!
Inoltre le pozze carine che fanno le bolle sono a circa 80-100 °C!
Non ci andrei a camminare sopra, vi avverto perché se lo fate in pochi secondi il calore vi porterà via la pelle.
Ora perchè i due nomi?
Non ne ho idea, ho cercato e cercato ma nulla.
Strandakirkja
Mentre ci dirigiamo verso Strandakirkja ecco qualche info sull’Islanda.
A livello geologico è un’isola giovane con i suoi 20 milioni di anni (paragonati ai 200 milioni dell’Italia l’Islanda è una bambina!)
Una bambina che tra un po’ darà vita a due gemelle visto che le due placche tettoniche si separano di 2 cm all’anno!
Per avere un’idea dell’unicità di quest’isola pensate che in tutto il pianeta solo lei e altre tre isole sono la parte emersa di una dorsale. Attraverso la frattura fuoriesce continuamente del magma che è responsabile dell’espansione dei fondali oceanici e della deriva dei continenti.
Ma parliamo adesso di questa nostra prima chiesetta islandese.
NOTA: la maggior parte della popolazione islandese è luterana (introdotta nel 1530 con il protestantesimo).
Ecco spiegato perchè le chiese sono molto diverse dalle nostre.
History tips: quando i primi vichinghi giunsero in Islanda stabilmente (874 d.C) ovviamente veneravano le divinità norrene
ma ben presto vennero convertiti al Cristianesimo dal re norvegese Olaf I (1000 d.C).
Dopo la storia, il mito
Strandakirkja può sembrare una delle tante chiese islandesi, ma i locali spesso vi si riferiscono come alla “chiesa dei miracoli” svelando qualcosa di più in lei.
La chiesa originale venne costruita nel XII secolo.
La storia narra di alcuni marinai in cerca di un attracco per salvarsi da una tempesta.
Dovete sapere che la costa meridionale dell’Islanda è famosa per avere un profilo accidentato e barriere coralline nascoste che rendono pericoloso un attracco di fortuna.
I marinai si misero a pregare Dio per un attracco sicuro giurando di costruire una chiesa ovunque fossero riusciti a sbarcare.
Appena la preghiera venne terminata un angelo comparve in cielo, inchinatosi di fronte ai marinai li condusse proprio qui.
E qui essi costruirono Strandakirkja.
Se fate un giro intorno alla chiesa vedrete delle piccole casette di legno, la dimora degli Huldufólk! (gli elfi)
Prima di sghignazzare sappiate che queste piccole dimore sono molto importanti in quanto permettono la pacifica convivenza tra i nostri due popoli.
Molti islandesi credono che questi piccoli esseri vivano negli anfratti di roccia e nei campi di lava.
Se una mucca sparisce o una macchina si rompe probabilmente c’è il loro zampino dietro.
Per questo motivo lasciano monete, offerte di cibo e piccoli doni fuori dalla porticina, per proseguire una serena convivenza.
Un inviato della BBC nel 2007 fece un sondaggio scoprendo che in realtà solo il 9% della popolazione affermava di credere negli elfi.
Quindi pochi, ma…il 62% si è rifiutato di negarne l’esistenza!
Selvogsviti
Selvogsviti è il primo di molti fari che troveremo lungo le coste e come molti di loro è arancione!
Perché l’arancione?
Ma perché se li avessero fatti bianchi, considerando che nevica in continuazione, non sarebbe stata una mossa furba.
Non ho trovato nulla a riguardo del perché abbiano scelto l’arancione e non il verde per esempio.
Probabilmente è il colore che spicca di più sia sullo sfondo bianco sia su quello nero della lava.
Il nostro faro qui presente è stato costruito nel 1919 e rinnovato nel 1931.
Per raggiungere il faro abbiamo fatto una piccola camminata di circa un chilometro.
La strada per arrivarci proprio vicino è sterrata e abbastanza malmessa, con una macchina probabilmente potete arrivarci ma noi non volevamo spingere troppo il van al suo primo giorno.
Durante la nostra camminata ha iniziato a piovere, una leggera gnagnarella (è una parola troppo simpatica usata per descrivere la pioggerella incessante) che tempo cinque minuti ci ha inzuppati completamente.
La differenza rispetto all’Irlanda è che purtroppo questa gnagnarella è fredda!
La tappa mancata di Arnarker Cave
Proseguiamo verso Arnarker Cave, ma troviamo la strada chiusa ahimé…sapevamo che poteva succedere. L’unico dispiacere è aver portato i caschetti per nulla visto che ci sarebbero serviti solo qua.
Se sarete più fortunati di noi ricordate che questa caverna non è gestita da nessun ente.
L’esplorazione è a vostro rischio e pericolo.
Se entrate ricordate di avere delle torce belle cariche perchè dentro non vedrete proprio nulla senza.
Raufarhólshellir
Saltiamo quindi alla tappa successiva, un tour di circa un’ora nel lava tunnel Raufarhólshellir.
Avevamo prenotato per le 13 ma, grazie alla bassa stagione, ci hanno spostati a quello delle 12 così abbiamo guadagnato un’ora.
Che cos’è questo lava tunnel?
Come dice il nome è un tunnel generato dall’eruzione del vulcano Leitahraun circa 5200 anni fa.
Questo impressionante cunicolo è lungo ben 1360m ad arriva ad una larghezza di 30m!
Partecipando al tour potrete percorrere i 900m del tunnel principale equipaggiati con caschetto e ramponcini.
Se andate nel periodo invernale, quando la neve non si è ancora sciolta, vi assicuro che lo spettacolo regalato dalle formazioni di ghiaccio è indimenticabile.
Questo condotto si è formato grazie ad un flusso lavico a bassa viscosità che durante la sua scivolata riesce a sviluppare una crosta molto dura e continua.
Lentamente la crosta si ispessisce formando un tetto sopra la lava che continua a scorrere.
Come spesso è accaduto in Islanda il turismo incontrollato ha causato danni, tra questi anche il nostro tunnel non ne è uscito indenne.
Negli anni cinquanta era ricchissimo di stalattiti di metallo fuso!
Purtroppo adesso ne restano pochissimi ma la guida ve li mostrerà con la torcia.
Una domanda che spesso ci si pone quando si è nelle grotte è: “C’è qualche animale che riesce a vivere qui?”
Sorprendentemente la risposta è sì, ci sono dei piccoli batteri!
Una cosa molto interessante, a parte fermarsi incantati a guardare le mille forme della lava, è stata l’esperienza di assoluta cecità che la guida ha ricreato spegnendo tutte le luci.
Per qualche minuto siamo rimasti nell’oscurità più completa ad ascoltare la voce del tunnel.
Una volta riemersi dalle viscere della terra lo stomaco si è fatto sentire e siamo andati a Stokkseyri per mangiare la zuppa di scampi da Fjöruborðið.
Se anche voi volete esplorare questa meraviglia geologica, eccovi il link!
Basta un click!
Fjöruborðið
Ho scelto Fjöruborðið perché c’è tutta un aura di mistero dietro a questa zuppa: racconta di come i marinai abbiano rischiato la loro vita per arrivare ad assaggiarne anche solo un cucchiaio, di come l’espressione islandese “Matarást” che significa “amore per il cibo” assuma un nuovo significato.
Personalmente non l’ho trovata così magica, era buona ma un po’ troppo peposa per i miei gusti.
La cittadina di Eyrarbakki
Per digerire abbiamo poi fatto una passeggiata a Eyrarbakki (segretamente speravo di trovare la chiesa aperta) che è una piacevole e piccola cittadina.
Questo paesino costiero all’apparenza comune in realtà trova le sue radici nei primi insediamenti islandesi del 900 d.C.; era un importante porto commerciale per il sud del paese.
Qua si trova il museo Húsið (“casa” in islandese), l’abitazione di un mercante del 1765 che è anche uno degli edifici più antichi del paese.
In quel periodo ai commercianti danesi fu permesso di passare l’inverno in Islanda e queste mura hanno visto passare: arte, cultura, moda e letteratura; grazie alla Húsið si sono potute diffondere ovunque.
Un altro edificio cardine di Eyrarbakki è la chiesa; dovete sapere che in Islanda non crescevano alberi a sufficienza per ricavarne legno da costruzione, quindi i mercanti andavano spesso alla corte danese per chiedere ai sovrani il legname.
Quando l’architetto della chiesa andò a Copenaghen la regina Luisa, moglie di Cristiano IX, si propose di dipingere una pala d’altare per questa chiesa e se riuscite ad entrarci potrete ammirarla.
Bye bye Eyrarbakki
Salutiamo così la città, con la scultura del pescatore; la pesca ha mantenuto in vita la nazione islandese nel corso dei secoli causando però molte vittime.
Questi monumenti ricordano alla popolazione quanto fossero dure le condizioni di vita dei loro antenati, anche noi ci siamo fermati un minuto ad ammirare il coraggio di questi pescatori.
Se vi capita di vedere questi strani pali sappiate che hanno avuto un ruolo importantissimo per i pescatori.
Qua venivano issate le bandiere per avvertire i marinai sulle condizioni dello stretto.
La bandiera bianca significava che tutto era okay; quella rossa che era pericoloso e quella nera che era impassabile.
Ad Eyrarbakki queste bandiere sono state usate fino al 1960.
Selfoss
Facciamo un breve pit stop a Selfoss per vedere la chiesa, fortunatamente la troviamo aperta, una delle poche che riusciremo a vedere all’interno.
Questa chiesa è moderna, sobria e con gli interni in legno dipinto.
Ci siamo fermati a scambiare due parole con il pastore che si trovava lì insieme ad un gruppo di ragazzi in preparazione per la cresima; ci ha spiegato che la maggior parte della popolazione è protestante.
Io ero convinta che fossero cattolici, non sono bene perché.
Poco lontano dalla chiesa, sulla via principale, si trova un piccolo negozietto di artigianato locale dove abbiamo preso un souvenir troppo carino!
Siete curiosi di sapere come prosegue il nostro van-viaggio in giro per l’Islanda?
L’avventura prosegue qua!