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Day 11 e 12: Bye Bye New York

Passeggiando per SoHo a New York
Passeggiando per SoHo

Siamo quasi alla fine della nostra vacanza a New York.
La giornata la dedichiamo a passeggiare prima di tutto per Little Italy e SoHo, la zona intorno al nostro albergo.
Qua ci sono tantissime facciate di ghisa dei vecchi palazzi e una vagonata di scale antincendio.
SoHo è l’abbreviazione di “South of Houston Street” e dal 1900 è stato la sede di molte gallerie d’arte.

Amanti della ghisa

Quasi tutto il quartiere è incluso nel Cast Iron Historic District, dichiarato monumento storico nazionale nel 1978.
La particolarità, come dice il nome, sta nelle decorazioni in ghisa che abbelliscono alcuni edifici.
La maggior parte di questi è stata costruita tra il 1840 e il 1880 e successivamente la tradizione è stata mantenuta anche per i nuovi edifici.
Perchè proprio la ghisa?

Semplice, era molto più economica della pietra o del mattone; gli stampi per gli ornamenti erano intercambiabili e un pezzo rotto poteva essere rifuso e riutilizzato.
La ghisa veniva successivamente dipinta in tinte beige per simulare la pietra, usata solitamente per gli ornamenti delle facciate.
Poichè il ferro era malleabile riuscirono a creare linee molto flessuose e la sua robustezza permetteva degli infissi più alti.
Durante il periodo di massimo splendore della ghisa, molti architetti pensavano che fosse strutturalmente più robusta dell’acciaio.
Purtroppo non è così, se un edificio si incendia il calore deforma la ghisa che poi si spezza per shock termico quando ci si butta l’acqua.

Edificio con facciata in ghisa a SoHo a New York
SoHo

Per questo motivo gli edifici attuali a New York hanno una facciata posteriore in muratura a supportare quella in ghisa.
Dopo la mattinata passata a girottare senza meta mangiamo da Panda Express del pollo in agrodolce e spaghettini (niente male considerato il prezzo) e poi via, verso il MET.

Pollo goloso al Panda Express a New York
Pollo goloso (e economico) al Panda Express

MET (Metropolitano Museum of Art)

Per le strade di New York
Foto che non c’entra nulla col MET, ma la stella è bellissima!

Siamo stati molto fortunati, c’è pochissima coda!
Dopo poco siamo pronti a perderci nell’ala egizia (perchè Friends ci insegna che il MET si inizia a visitare andando a destra, una volta entrati!).
Tra mummiette e tantissime pareti incise abbiamo visto le statue degli antichi faraoni e il Tempio di Dendur.

Tempio di Dendur
Tempio di Dendur

Questo è un tempio intero regalato dal governo egizio a quello americano per averli aiutati a salvare numerosi edifici storici dall’allagamento, come conseguenza della costruzione della diga di Assuan, nel 1965.
Il tempio è stupendo, dedicato ad Iside e Osiride, risale al 15a.C. e fu commissionato dall’imperatore Augusto.
Passiamo all’arte greco-romana ammirando: elmi; armature e tante statue; anche se a quelle siamo abituati.
Ci sono comunque alcuni mosaici interessanti.

Mosaico dentro al MET
Mosaico davvero niente male!

Verso continenti inesplorati (da noi)

La parte senza dubbio più interessante per me è quella dedicata all’arte africana e all’oceania.
Ho scoperto che anche lì le tribù locali usano delle maschere fantastiche, enormi e realizzate in raffia o pelle che colpiscono per la grandezza.
Inoltre realizzano affascinanti totem per i defunti ricchi di sculture e con significati ben precisi.
In foto potete vedere le maschere Kavat, realizzate in tessuto di corteccia dal popolo del Baining centrale.
Queste vengono utilizzate esclusivamente durante le danze notturne intorno al fuoco.
I danzatori sono accompagniati da un’orchestra maschile (nelle danze diurne sono donne) mentre ballano per gli spiriti, animali e tutto ciò che riguarda la foresta.

Abbiamo visto da vicino tantissime maschere africane antiche e addirittura interi costumi in corda o raffia; nonché tantissime maschere Dogon, un’etnia ormai quasi totalmente estinta per colpa delle guerre.
Le maschere in foto si chiamano Kanaga, vengono indossate dai membri della società Awa durante le cerimonie del culto dei morti.

Maschere Dogon
Maschere Dogon

Tra Giappone e India

L’ala giapponese è ricca di armature di samurai intere, spade e pergamente, scritti e dipinti e anche una completa riproduzione di una casa giapponese antica.
La migliore espressione delle capacità tecnico-artistiche degli armorari giapponesi è costituita dalla “grande armatura” Yoroi, prodotta relativamente tardi, a partire dal XII sec.
Poco lontano c’è l’ala indiana anch’essa ricca di statue che mi sono piaciute moltissimo per le forme aggraziate delle donne.
Qua si trova il soffitto del tempio Vadi Parshvanatha Jain a Patan, interamente in legno tutta tutta decorata, un orgia per gli occhi.
Purtroppo nulla della struttura originaria del tempio è sopravvissuta a Patan e si è persa anche la colorazione di questo soffitto.

Soffitto del tempio di Patan al MET di New York
Il soffitto del tempio

Guggenheim

Con questo e il MET terminano gli ingressi del nostro New York pass, che si è rivelato utilissimo, lo abbiamo sfruttato bene.
Abbastanza ubriachi di arte da tutto il mondo, ma felici, andiamo verso l’ultimo museo.
La nostra ultima tappa pittorica, il Guggenheim, che si è rivelato una vera delusione!

Ma ormai riusciamo ad apprezzare anche le situazioni più assurde, e infatti iniziamo a stilare una nostra classifica dei quadri esposti, commentando come dei critici quello che ci si para davanti.
Devo dire che alcuni li ho apprezzati, non sono proprio tutti da buttare, ma la maggior parte non mi dice niente, proprio non hanno senso per me!

Guggenheim
Interno del Guggenheim
Matteo fa lo Sgarbi della situazione al Guggenheim
Matteo che fa lo Sgarbi della situazione

L’edificio però è interessante, la sua chiocciola che piano piano ti porta in cima (anche se avrei da ridire sul corrimano che per come è costruito sembra più portarti a cadere di sotto che a proteggerti dal farlo).
Anche in questo museo l’esperienza della pipì non è da sottovalutare, bisogna essere minimei o contorsionisti per arrivare alla tavoletta.

History tips: questo museo è stato progettato da Frank Lloyd Wright e realizzato nel 1943.
Dato che inizialmente doveva chiamarsi “Museo della pittura non-oggettiva”, potevo aspettarmi di non apprezzarlo in effetti.
La spirale capovolta dell’edificio assomiglia molto ad uno Ziggurat rovesciato (Wright la chiamò Tarruggiz, che burlone!) e porta con se simbologie di continuità.

Il Blind Barber

Dopo l’esperienza Guggenheim e il caffè lavazza a 4,5$ abbiamo programmato un incontro serale con un’amica irlandese che casualmente si trova a New York.
Quale occasione migliore per andare a sbevacchiare qualcosa in uno Speakeasy!
Decidiamo di andare al Blind Barber, quello dove per entrare bisogna  passare dentro il negozio di un barbiere.
Il barbiere purtroppo è chiuso quando arriviamo quindi non passiamo dietro a dei clienti intenti a farsi fare la barba.
E’ stato comunque curioso scoprire che dietro alla pesante porta di fondo locale del barbiere si cela un grazioso pub, forse un po’ troppo buio e con musica un po’ alta per fare conversazione, ma comunque carino.

L'ingresso del Blind Barber
L’ingresso del Blind Barber

Anche le favole arrivano alla pagina del “The End”

Purtroppo anche le cose belle devono finire, è proprio questo che le rende interessanti.
Anche se è l’ultimo giorno non ci facciamo scappare nulla.
L’aereo è nel pomeriggio per cui la mattinata la dedichiamo al New Jersey, in particolare ad Hoboken e a Buddy Valastro, il boss delle torte!
Prendiamo il Path, il treno che lascia lo stato di New York per entrare in quello di New Jersey e ne approfitto per fare un po’ di foto all’altro lato di Manhattan, forse meno gettonato rispetto al lato Brooklyn.

Trovata la pasticceria e ci concediamo una bella fetta di Red Velvet, cacchio è divina!
Sinceramente guardando la serie pensavo non fossero troppo saporite, sembravano dei plasticoni finti, invece non potevo sbagliare di più, è davvero gustosa…e grassa!
Come piace a me.
Poi siamo partiti alla ricerca della casa natale di Frank Sinatra, ma purtroppo è stata abbattuta…che tristezza.
Sarei voluta tornare da Buddy per un’altra fetta di torta consolatoria.

La Red Velvet di Buddy Valastro
La Red Velvet di Buddy Valastro

Il migliore BBQ della mia vita

Vabbè, per concludere la nostra vacanza non manca che una cosa, del sano cibo ciccione!
Approfittiamo del consiglio di Shant andiamo al Dinosaur Bar-B-Que a mangiare le costolette, mamma mia che goduria!
Si squagliano in bocca e sopra c’è una salsetta dal sapore unico, certo gli americani hanno un sacco di cibo spazzatura, ma sanno fare il Barbeque!

Dinosaur BBQ
Le costolette del Dinosaur BBQ

Sul volo di ritorno non ho molto da aggiungere, è strapieno rispetto a quello di andata, quindi dobbiamo rimanere ai nostri posti senza poterci allargare.
Non è un problema lo spazio quanto gli stupidi italiani milanesi (Brambilla, ti pareva!) che abbiamo davanti, non stanno fermi neanche un secondo e questo mi fa ballare lo schermo che uso per vedere i film, che nervoso.
Ma non ha troppa importanza, sto tornando dal viaggio della mia vita fino a questo momento.
Sono stata in America.
Sono stata a New York!

Se non sapete da dove siamo partiti, cliccate qui sotto!

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