
Di buon mattino prendiamo la metro (che come immaginavo non è vuota nonostante l’ora) e torniamo dalle parti del Vessel, nel luogo dei RATS, ad aspettare il bus.
Questa volta non troviamo persone con cui conversare ma il viaggio per Philadelphia sarà comunque abbastanza breve (2h).

Arriviamo a Philadelphia dove il bus ci lascia in pieno centro turistico; così partiamo subito alla volta del Visitor Center per avere mappe e informazioni.
Il gift shop è indicato da un enorme Rocky Balboa in tuta alquanto chic.
Philadelphia e l’Indipendence Hall
Al Desk ci danno tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno per visitare il complesso dell’’Indipendence Hall, tanto per restare in tema “storia americana”, come abbiamo fatto quando siamo andati a Washington.
Il tour inizia tra poco quindi attraversiamo il grande prato incorniciato dai vari edifici storici ed entriamo in quello principale.
Ci da il benvenuto un ranger dalla parlata particolarmente rapida; fa una breve introduzione storica della ratificazione della Dichiarazione di Indipendenza che avevamo visto a Washington D.C. (capisco che sia il centro politico degli USA ma potevano anche lasciarla a Philadelphia visto che è qui che è stata firmata).


Purtroppo, o per fortuna, l’interno dell’edificio non è spoglio, ma di originale è rimasto ben poco, a parte il palazzo ovviamente; mi ricordo che il soffitto e la sedia con il sole sullo schienale non sono delle repliche.
Le due guide che abbiamo ascoltato parlavano così velocemente che non ricordo praticamente niente di quello che hanno detto.


Ho afferrato che a luglio, quando firmarono la costituzione, faceva un caldo infernale in quelle sale e tutti i rappresentanti delle 13 colonie si rinchiusero lì per molto tempo per scrivere e approvare tutti gli articoli, insomma non deve essere stato piacevole.
Sempre qua venne scelto George Washington, il 14 giugno 1775, per comandare in quel periodo turbolento e per la successiva occupazione inglese.

History Tips: L’Indipendence Hall venne costruita tra il 1732 e il 1753. Prese il nome di Pennsylvania State House (in quanto Philadelphia era la capitale dello stato della Pennsylvania).
Lo stile architettonico di questo edificio è quello georgiano, che va dal 1720 al 1840 (detto così perchè in quegli anni si susseguirono quattro monarchi inglesi chiamati George).
Breve inciso storico
- 14 giugno 1775: i delegati del Congresso Continentale nominano George Washington comandante dell’esercito nella Sala delle Assemblee.
Perchè serve un comandande dell’esercito delle colonie?
Per cercare di essere brevi; i coloni erano giunti ad un livello d’indipendenza tale da non accettare più le pesanti tassazioni provenienti dalla madrepatria.
A scuola ci fanno studiare il Boston Tea Party (quando nel 1773 i coloni buttarono a mare il carico di tè delle navi inglesi) ma già nel 1770 c’era stato il Massacro di Boston.
Dato che gli inglesi stavano rispondendo alle proteste con il pugno pesante, serviva un esercito americano e quindi un capo dello stesso. - 7 giugno 1776: Richard Henry Lee della Virginia propone al congresso continentale la prima stesura della Dichiarazione d’Indipendenza.
- 4 luglio 1776: dopo essere stata corretta ne viene stesa la versione definitiva e viene firmata.
- settembre 1777: Philadelphia viene occupata dagli inglesi (che non sono molto contenti della Dichiarazione d’Indipendenza e sperano che, occupando la città la rivolta si spenga lentamente).

- 2 luglio 1778: il Congresso torna a Philadelphia dopo che gli inglesi l’abbandonano nel tentativo di salvare il loro controllo su New York.
- 3 settembre 1783: viene firmato il Trattato di Parigi e gli inglesi rinunciano alle loro colonie (avrebbero potuto continuare a combattere ma gli effetti economici della guerra sulla popolazione inglese rischiavano di far crollare lo stesso governo britannico!)

- 17 settembre 1787: i 13 stati hanno bisogno di qualche regolina in più perchè non vanno d’amore e d’accordo, allora completano e firmano la Costituzione degli Stati Uniti d’America (firmano tutti tranne Rhode Island, e le battute sul nome si sprecano!)
- 15 maggio 1800: dopo essere passata per Trenton, New Jersey e New York (sede provvisoria del governo nel 1785 nell’edificio della Federal Hall, dove Washington viene eletto primo presidente) infine Washington D.C diventa la nuova e definitiva capitale degli Stati Uniti d’America (predisente dell’epoca: John Adams).
La Liberty Bell

Passiamo quindi dalle rovine della Casa di Washington e dalla Liberty Bell, diventata il simbolo indiscusso della città.
Questa campana arrivò da Londra nel 1752 ma suonò per la prima volta solo nel 1774 per annunciare l’apertura del primo congresso continentale.
Suonò ancora nel 1775 dopo la battaglia di Lexington e Concord; infine assunse a pieno titolo il suo significato di simbolo della
libertà quando suonò l’8 luglio 1776 per radunare i cittadini per la lettura della Dichiarazione.
L’incisione riporta un capitolo del Levitico:
Proclaim LIBERTY Throughout all the Land unto all the Inhabitants Thereof Lev. XXV. v X.
By Order of the ASSEMBLY of the Province of PENSYLVANIA for the State House in Philad. MDCCLIII

Suonò per l’ultima volta nel 1846, in occasione del compleanno di George Washington e poi, dopo essersi crepata per la seconda volta, la mandarono in pensione.
Potreste aver già visto questa famosa campana in una puntata della famosa serie tv americana “How I Met your Mother”, durante la quale i protagonisti scommettono sul buon esito della missione: “Andare a leccare la Liberty Bell!”
Indietro nel tempo ad Elfreth’s Alley

Terminato il nostro giretto mattutino nella culla dello Stato americano ci siamo spostati verso una piccola vietta molto famosa, Elfreth’s Alley. Questa stradina è rimasta immutata dal momento in cui iniziarono a costruirvi le graziose casette coloniali, dal 1720 al 1830, e questo ne fa la strada residenziale più antica di tutta l’America.
Per arrivare ad Elfreth’s Alley siamo passati di fianco al cimitero nel quale si trova la tomba di Benjamin Franklin; proprio lì vicino si trova una caserma dei pompieri con un gigantesco murales e un mezzobusto dell’inventore americano per eccellenza.
Nato a Boston il 17 gennaio 1706 fu uno scienziato oltre che uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti d’America.
Inventò un sacco di cose tra cui:
– il parafulmine
– le lenti bifocali
– l’armonica a bicchieri
– un particolare modello di stufa-caminetto

Il monumento si trova vicino a queste caserma dei pompieri perchè fu proprio lui a fondarla.
Contribuì anche alla creazione della prima Biblioteca pubblica del paese!
“Il più dotato americano della sua era e colui che più influenzò il tipo di società che gli Stati Uniti sarebbero diventati.”
dice di lui Walter Isaacson
Se proseguite la vostra passeggiata, in quest’area della città trovate anche la Casa museo di Betsy Ross.
Secondo la leggenda fu la sarta creatrice della prima bandiera americana (commissionatale da George Washington in persona); fuori dalla casetta si può vedere una vecchia bandiera con ancora solo 13 stelle messe in cerchio, stile unione europea.


Una curiosità che avevamo già notato a New York, ma che poi si è ripresentata anche qua, sono state le fioriere e le piccole aiuole intorno agli alberi a bordo strada.
Mentre noi in Italia costruiamo dei piccoli praticelli, con qualche fiorellino basso, qui mettono dei cavoli viola molto accesi.
Penso che possa essere una scelta legata agli inverni particolarmente rigidi che ucciderebbero qualsiasi fiore, ma è solo una mia teoria.



Alla ricerca del Ready Terminal Market!
Dopo un simpatico incontro con un cagnolino e una vetrina alquanto bizzarra, con animali imbalsamanti in posizioni di alcolizzati incalliti (dal palese dubbio gusto), siamo andati alla ricerca del Ready Terminal Market.
Il nostro obbiettivo è trovare il famoso Philly Cheesesteak, panino di carne e formaggio tipico della città.



La via centrale è trafficata, come c’è da aspettarsi; è comunque più tranquilla di una qualsiasi via della grande mela a più di due corsie.
Vi si affacciano tanti negozi tra cui l’Hard Rock, che spicca in quanto mette in mostra una gigantesca chitarra rotante proprio fuori dall’ingresso.
Abbiamo visto un operaio intento a lavare i vetri di un grattacielo, li ho sempre visti nei film, e vederne uno dal vivo è fighissimo.
Poco più avanti scorgiamo coda “intrigante” (chissà magari c’è una star di Hollywood da qualche parte); chiediamo per che cosa sia e ci rispondono che è per Candytopia, un’attrazione moderna composta di varie stanze tutte incentrate sul tema caramelle e parco giochi.
Oh mamma sarebbe stato il mio!!!
Purtroppo oltre alla fila chilometrica il costo del biglietto non è per niente abbordabile, ahimè devo rinunciare ad essere bambina per oggi.
Entriamo nell’Hard Rock (come d’obbligo ormai lo sapete) e questo non è niente male, le poltrone di pelle di caimano norvegese sono uno spettacolo!


Philly Cheesesteak sei mioooooooo
Il Ready Terminal Market è un’immenso, veramente immenso capannone pieno di bancarelle; proprio come un mercato all’ingrosso ma con tutto il cibo che puoi desiderare.
Ci sono enormi banchi di frutta e verdura, pesce vivo (ovviamente un sacco di “pizzicottine” che volendo ti avrebbero cucinato sul momento), ciambelle e fritti vari; ma anche pizze e altri piatti un po’ da tutto il mondo.


Ma la nostra missione non è questa!
La nostra sacra missione mangereccia è trovare il posto più affollato che vende il Cheesesteak!
Non penso sia possibile mancare la mecca dei paninari; c’è una coda inumana e addirittura una guardia che controlla la fila!
Il posto è Spataro’s!
Prendo il numerino e mi metto pazientemente in coda mentre Matteo va a caccia di un posto a sedere nel grande spazio di tavoli poco lontano.



Com’era il panino?
Dalla foto non penso ci siano dubbi.
Squisito, tutto pieno di formaggio e carne rossa sottile sottile, una bomba calorica, però che buono!
Questo panino meraviglioso è stato inventato dagli italo-americani Pat e Harry Oliver negli anni venti.
Secondo alcuni i due fratelli possedevano un chiosco di hot dog e decisero di preparare un nuovo panino che conteneva un trito di carne di manzo e cipolle grigliate.
Mentre Pat stava mangiando questa sua nuova invenzione passò un tassista; chiese di mangiarne uno identico e ne rimase così colpito che gli disse di smettere con gli hot dogs!
Una lunga passeggiata attraverso Philadelphia
Con la pancia bella piena andiamo verso il Municipio per poi arrivare alla statua di Rocky, quella vera questa volta.
Il palazzo del municipio è molto bello, un parallelepipedo immenso con all’interno un cortile nel quale troviamo alcune bancarelle natalizie e una torre campanile di 168m.
Pensate che questa torre è stata la più alta al mondo fino al 1993!
L’edificio è in pieno stile Napoleone III, d’altronde siamo in America e se non copiano i francesi dell’epoca napoleonica o l’Italia del rinascimento non sono contenti. (si scherza ovviamente!)


Fuori dal Municipio c’è un bell’albero natalizio e una ruota panoramica estremamente vecchia, mi ha dato l’impressione delle ruote dei parchi giochi dei film horror; quelle che si rompono sempre e finisce tutto male.
Comunque a parte la ruota inquietante la piazzetta di fronte è molto carina; ha un grande spiazzo dove si alternano sculture monumentali di diversi artisti ed è incorniciata da palazzi di tanti stili architettonici diversi.

Sinceramente il Love Park non mi ha detto molto e la fila di persone pronte a fotografarsi sotto la scultura di Robert Indiana mi ha detto ancora meno (poi sarò pronta a farmi la coda per la foto con la statua di Rocky, ma volete mettere a paragone? E’ Rocky!)
Durante il periodo natalizio è in questa piazza che la città concentra al massimo tutto il Natale che può.
Diamo un’occiata veloce al Christmas Village ma non trovo niente che mi colpisca particolarmente; continuiamo la nostra passeggiata via Benjamin Franklin Parkway in direzione Museum of Art.
Al centro informazioni ci avevano detto che era lontano per cui sarebbe stato comodo prendere un mezzo pubblico; che sciocchini!
Non sanno che noi siamo dei macinatori di passi quando si tratta di vacanza per cui è ovvio che l’abbiamo fatta a piedi.
Benjamin Franklin Parkway

Lungo tutta la via sono disposte le bandiere di molte nazioni, il che la rende pittoresca.
Ho dovuto fare un servizio fotografico a questo ragazzi perchè la scena era in un certo senso bizzarra.
Immaginate questo stradone enorme, circondato da grattacieli ed edifici storici; aggiungete un traffico che non sembra intenso (ma forse è un gioco di prospettiva, la strada è così grande che non si capisce bene quante macchine ci siano perchè sono piccoline!) e ad

un tratto passano questi ragazzi schiamazzando ed impennando le bici; non lo so, mi è piaciuto il momento.
Dopo gli Easy Bikers di Philadelphia, facciamo qualche passo e cosa troviamo?
L’ingresso dell’Accademia delle Scienze; fin qui nulla di strano.
Peccato che all’ingresso ci siano due FANTASTICI dinosauri meccanici in abbigliamento invernale che si muovono e “tubano”!
Ebbene sì, signore e signori, ultimamente gli studiosi ci dicono che i dinosauri non ruggivano ma piuttosto emettevano dei versi a bocca chiusa come i piccioni.

Queste nuove scoperte che ci parlano di dinosauri piumati che tubano come piccioni sono interessanti ma distruggono il mio immaginario infantile!
Mi intristiscono!

Nel 2017 erano 5700 i senzatetto a Philadelphia, che però aveva solo 4000 posti letto per ospitarli.
Tutta la zona è ricca di musei ma non abbiamo tempo per cui tiriamo dritto.
Foto con Rocky (alla fine non c’è la coda che mi aspettavo, meglio!) e poi scalinata del Museo, ma con tutta calma; niente corsetta nello stile del film, cosa invece fatta da persone di dubbia prestanza fisica che mi strappano più di una risata.
Al ritorno passiamo dal Museo di Rodin che ti accoglie la statua del Pensatore, ovviamente non potevamo non pensare alla scena di Una Notte al Museo ( “Fammi pensare…fammi pensare…)



E dopo essermi fatta clacsonare da un camion perché mi ero fermata in mezzo alla via a fotografare uno strano robottino dipinto sulle strisce, torniamo verso il centro.

Lungo la strada vediamo una distesa lunghissima di tende di senzatetto, come ho scritto sopra è un grave problema.
Philadelphia’s Magic Gardens
La nostra ultima tappa della giornata.
Questi “giardini” si trovano nella parte meridionale del centro di Philadelphia.
History Tips: questo quartiere, del quale i Magic Gardens fanno angolo, si chiama Bella Vista.
I primi immigrati italiani arrivarono in piena epoca coloniale, nel XVIII secolo.
L’attrattiva principale è proprio il mercato italiano che si trova nella zona intorno alla 9th Street.

I Philadelphia’s Magic Gardens sono nati dalla mente di Isaiah Zagar.
Sono veramente belli, tutto un dedalo di stradine e stanze piene di piccole statuette e oggettistica varia, nonché vetri e ceramiche incastonate nei muri e nei pavimenti.
Inoltre non c’è solo il giardino principale ma lo stesso artista ha realizzato facciate e vicoli con il medesimo stile, difficile da descrivere, mi ricorda in qualche modo il mio amico Antonio Barberi.



Isaiah ha iniziato negli anni ’60 a piastrellare, è partito con alcuni vicoli e facciate di case per arrivare a lasciare un’impronta lungo tutta South Street.
Insieme ad un gruppo di artisti ed imprenditori affittava le vetrine dei negozi abbandonati e gli donava una nuova vita.
Riuscirete a trovare tutti i (più di 100) mosaici?
I giardini che adesso potete percorrere, come abbiamo fatto noi, sono ancora in piedi quasi per miracolo.
Isaiah aveva iniziato a costruirli su un terreno abbandonato che però non era suo; nel 2004 il proprietario si fece vivo con l’intenzione di venderlo.
Ma ormai era diventato questa splendida opera d’arte!
Per fortuna grazie ad una grossa protesta si costituì l’organizzazione No Profit “Philadelphia’s Magic Gardens” che da allora si occupa di conservare questa meraviglia.


Usciti dai giardini è calata la sera e con tutta calma torniamo alla fermata dove riprendere il bus per New York; ha ritardato tipo di un’ora e passa, mannaggia!
La cosa positiva è che abbiamo iniziato a chiacchierare con due ragazzi che vivono a New York ma con i genitori a Philadelphia: Shant e Simona.

Abbiamo passato così il tempo senza annoiarci; parlando del cibo e della Russia e dell’Armenia e altre cose.
Mi ricordo la conversazione sul cibo tipicamente americano; dopo aver cercato qualcosa che si potesse definire “americano” e non importato da un’altra cultura, siamo giunti ad un verdetto.
Il BARBEQUE è senza dubbio il loro pezzo da novanta e le buffalo wings subito dopo.
Ci consiglia di andare ad assaggiare della carne davvero buona al Dinosaur BBQ a Brooklyn, lo faremo!
Arrivati a New York prendiamo la metro e in un battibaleno siamo a letto, stanchi ma felici della giornata, ah dopo un po’ di noodles in zuppetta come al solito!
Se non sapete da dove siamo partiti e dove finiremo, cliccate qua sotto!